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Assegnazione della casa familiare: permane il vincolo anche se muore l’ex coniuge

Una volta pronunciato il provvedimento di assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario della prole, il terzo successivo acquirente è tenuto a rispettare il godimento dell’immobile da parte dell’ex coniuge del venditore, trattandosi di vincolo di destinazione collegato all’interesse dei figli, senza che rilevi il decesso del venditore medesimo.

Il caso deciso dalla Corte con la sentenza n. 772/2018, nella quale ha espresso il principio innanzi esposto, tra origine dal gravame proposto da una donna ed accolto dalla Corte d’Appello nel 2014.

I Giudici di secondo grado, nello specifico, aveva rigettato la domanda proposta da un uomo – fratello del coniuge divorziato  dalla donna e deceduto nel 1998 – con la quale era stata chiesta la condanna della donna stessa a rilasciare l’immobile adibito a casa coniugale, che ad ella era stato assegnato nel 1988, quale affidataria del figlio della coppia, con provvedimento presidenziale in sede di separazione trascritto nei pubblici registri e poi confermato con sentenza di separazione e successivamente con quella di divorzio nel 1993.

In particolare, si trattava di un appartamento che, nel 1988, faceva parte di un fabbricato che il marito aveva in comproprietà con i fratelli; poco tempo dopo l’uomo aveva ceduto la sua quota pari ad un terzo dell’intero fabbricato; nel 1995 uno dei fratelli del marito era divenuto esclusivo proprietario dell’appartamento.

Quest’ultimo, nel 2005, aveva adito il Tribunale per ottenere il rilascio dell’immobile, occupato dalla cognata e dalla prole, ritenendo che, per effetto della morte dell’ex coniuge divorziato, fosse venuto meno l’obbligo di mantenimento dei figli minori ed il correlativo diritto del genitore affidatario all’assegnazione della casa coniugale.

Il Tribunale, in primo grado, aveva accolto la richiesta di rilascio, ritenendo che con la morte dell’ex coniuge il diritto personale di godimento della donna sull’immobile fosse venuto meno.

La sentenza era stata poi riformata in secondo grado, avendo stabilito la Corte d’Appello, da un lato, che la morte dell’ex coniuge obbligato non avesse alcun rilievo nei rapporti intercorrenti tra la donna e il fratello dell’uomo dopo il provvedimento di assegnazione (poiché il de cuius aveva ceduto già da tempo la sua quota dell’intero fabbricato) e, dall’altro lato, che il vincolo di destinazione della casa familiare, collegato all’interesse della prole, non si estingue dopo la vendita dell’immobile ad un terzo che ne sia consapevole al momento dell’acquisto, essendo il provvedimento di assegnazione a questi opponibile oltre i nove anni, qualora trascritto, fino a quando ci siano figli minorenni o maggiorenni ma non ancora indipendenti economicamente.

L’uomo aveva, pertanto, proposto ricorso in cassazione, lamentando di consentire alla donna di esercitare il diritto di godimento dell’immobile nell’interesse della prole, soltanto in virtù dell’originario obbligo sussistente in capo al di lui fratello, nonchè genitore del minore e che, poiché l’assegnazione della casa familiare andava inquadrata nell’ambito dei doveri di solidarietà familiare, cessati con la morte dell’obbligato, ossia dell’ex coniuge divorziato, doveva ritenersi che anche l’obbligazione derivata del terzo acquirente fosse venuta meno.

La Suprema Corte ha però ritenuto le censure dell’uomo infondate, rammentando che il legislatore subordina il provvedimento di assegnazione della casa coniugale alla presenza di figli, minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti, conviventi con i genitori; l’esigenza dunque è quella di conservare l’habitat domestico, inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare ed è consentita unicamente con riguardo a quell’immobile che abbia costituito il centro di aggregazione della famiglia durante la convivenza: in buona sostanza, ricorda la Corte, l’assegnazione della casa familiare è uno strumento di tutela della prole e non può conseguire ulteriori finalità.

Ne consegue – ad avviso della Cassazione – che, una volta intervenuto il provvedimento di assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario della prole, il terzo successivo acquirente è tenuto, negli stessi limiti di durata nei quali è a lui opponibile il provvedimento stesso, a rispettare il godimento del coniuge del venditore, nello stesso contenuto e nello stesso regime giuridico propri dell’assegnazione, quale vincolo di destinazione collegato all’interesse dei figli, non potendo il terzo successivo acquirente dell’immobile opporre, a sostegno della domandi di condanna al rilascio dell’immobile, il solo decesso dell’ex coniuge divorziato, dante causa, poiché il diritto di abitazione, essendo un diritto di godimento sui generis, si estingue soltanto se vengono meno i presupposti che hanno determinato l’assegnazione o a seguito dell’accertamento di circostanze che hanno determinato che legittimano una revoca giudiziale.

La Corte ha pertanto rigettato il ricorso del cognato e ritenuto che la donna non dovesse rilasciare, per il momento, la casa familiare di proprietà di costui.

Cassazione Civile, 15.01.2018, n. 772

Cassazione Civile, 15-01-2018, n. 772