È corretta la rideterminazione in aumento dell’assegno divorzile a favore della ex di età matura stante la difficoltà di quest’ultima a trovare lavoro dopo il matrimonio anche per non aver portato a termine gli studi universitari
È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella recentissima sentenza del 9 febbraio 2018 n. 3246, qui allegata.
Nella fattispecie in esame la Corte d’Appello di Palermo, nell’ambito di un procedimento avente ad oggetto la cessazione degli effetti civili del matrimonio, rideterminava in aumento l’assegno divorzile a favore della ex, ma non nella misura maggiore da quest’ultima richiesta; la Corte motivava la propria scelta con riferimento all’età matura della beneficiaria (oramai cinquantenne), all’incremento familiare ed al possesso della laurea specialistica in medicina, che comunque le avrebbe permesso di reperire con facilità un’occupazione.
L’ex moglie, tuttavia, proponeva ricorso per revocazione sostenendo come l’elemento decisivo preso in considerazione dalla Corte di merito in ordine alla concreta reperibilità di un lavoro fosse stato, per l’appunto, il possesso di una laurea, titolo che la Signora, di fatto, non aveva mai acquisito, così come emergeva dalla documentazione prodotta in atti.
Appurato il mancato conseguimento della laurea da parte della donna, la Corte d’appello di Palermo accoglieva la domanda di revocazione ed aumentava ulteriormente l’assegno divorzile a favore dell’ex moglie.
L’ex marito, pertanto, presentava ricorso in Cassazione censurando il provvedimento di revocazione in quanto sarebbe stato ritenuto decisivo l’elemento della mancanza della laurea, mentre si trattava solo di uno degli elementi presi in considerazione ed a fondamento della gravata decisione.
La Suprema Corte investita della questione ha evidenziato come la Corte d’appello non abbia omesso di esaminare il documento da cui risultava che la donna aveva superato solo pochi esami, ma lo abbia valutato erroneamente, poiché dallo stesso in realtà emergeva chiaramente il mancato conseguimento del titolo di laurea. Si è trattato, pertanto, di un errore di percezione che ha reso ammissibile la revocazione della sentenza stessa.
La Suprema Corte ha, inoltre, sottolineato come la Corte d’appello si sia impegnata a valutare elementi negativi e positivi circa la capacità della beneficiaria di percepire redditi futuri; tuttavia il possesso del titolo di studio rappresentava l’unico elemento positivo (e decisivo) indicato a fondamento della possibilità che la ex moglie potesse in prospettiva trovare un’occupazione e, dunque, accertata la mancanza del titolo di studio, non vi erano altri elementi idonei a garantire un futuro sostentamento economico a favore della Signora.
Sulla base di ciò, la Corte di Cassazione, rigettando il ricorso, ha fatto proprie le considerazioni della Corte d’appello nel rideterminare in aumento l’assegno divorzile a favore della ex moglie in difficoltà nel reperire un impiego, stante il mancato possesso del titolo di laurea.
Cassazione Civile, 09.02.2018, n. 3246
Cassazione Civile, 09-02-2018, n. 3246