Il coniuge, cattolico praticante, non può invocare il diritto a sottoporre al solo Tribunale rotale la questione della nullità del matrimonio, ma deve passare necessariamente per l’iter di divorzio avanti il Tribunale Civile, essendo i due procedimenti del tutto autonomi.
A ribadire tale principio è stata la Corte di Cassazione con una recente pronuncia del 9 marzo 2018, qui allegata. Nella fattispecie, il Tribunale di Salerno aveva dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra due coniugi e posto a carico del marito un assegno mensile di mantenimento a favore dell’ex moglie. Detta pronuncia era stata confermata anche dalla Corte d’appello.
L’uomo ha, dunque, proposto ricorso in Cassazione denunciando il proprio diritto, in quanto cattolico praticante, a sottoporre esclusivamente al Tribunale rotare la questione dello scioglimento del matrimonio, addivenendo ad una pronuncia di nullità del vincolo matrimoniale senza passare per la giurisdizione civile.
La Suprema Corte, facendo proprio un orientamento oramai consolidato, ha ribadito l’inammissibilità di un ricorso esclusivo alla Sacra Rota, senza tuttavia affrontare il procedimento di divorzio avanti al Tribunale civile, non sussistendo “un rapporto di pregiudizialità tra il giudizio di nullità del matrimonio concordatario e quello avente ad oggetto la cessazione degli effetti civili dello stesso, trattandosi di procedimenti autonomi, sfocianti in decisioni di natura diversa ed aventi finalità e presupposti distinti” (Cass. civ. 1796/2015; Cass. civ. 2089/2014).
Sulla scorta di tale principio, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’ex marito, costretto pertanto al versamento dell’assegno mensile a favore dell’ex moglie così come stabilito in sede di giudizio civile.
Cassazione civile, 09.03.2018, n. 5670
Cassazione Civile, 09-03-2018, n. 5670