Qualora la moglie rifiuti immotivatamente proposte di lavoro non ha diritto all’assegno di mantenimento, poiché l’attitudine al lavoro, quale potenziale capacità di guadagno, costituisce elemento valutabile ai fini del riconoscimento di tale diritto.
È quanto recentemente ribadito dalla Suprema Corte in tema di assegno di mantenimento con l’ordinanza n. 5817, qui allegata.
Nel caso esaminato, la Corte d’appello di Roma aveva rigettato il gravame della moglie decisa a farsi riconoscere l’assegno di mantenimento perché senza occupazione e priva di redditi propri. Tale pretesa era stata respinta – sia in primo grado sia in secondo grado – sulla base dell’assunto secondo cui la signora aveva rifiutato proposte di lavoro ed aveva ammesso che i colloqui di lavoro effettuati erano strumentali in quanto non finalizzati a vere assunzioni .
La moglie ha proposto ricorso in Cassazione avverso la suddetta pronuncia denunciando la falsa applicazione, nel caso di specie, dell’articolo 156 del codice civile che disciplina i presupposti dell’assegno di mantenimento, ribadendo, per l’appunto, l’assenza di redditi propri dovuti al non reperimento di un’occupazione.
La Suprema Corte, facendo proprie le conclusioni della Corte d’appello romana e rilevando l’inerzia della donna nella proficua ricerca di una mansione, ha ribadito che l’attitudine al lavoro, quale potenziale capacità di guadagno, costituisce elemento valutabile ai fini delle statuizioni aderenti l’assegno di mantenimento. Tale attitudine del coniuge deve essere parametrata alla effettiva possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa, in considerazione di concreti fattori ambientali ed individuali, con esclusione di mere valutazioni astratte ed ipotetiche.
Orbene, nella fattispecie in esame, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, richiamando la pronuncia di appello che aveva escluso il diritto al mantenimento “… sul rilievo di essere stata la ricorrente ben in grado di procurarsi redditi adeguati, stante la pacifica esistenza di proposte di lavoro che immotivatamente non erano state accettate”.
Cassazione civile, 09.03.2018, n. 5817
Cassazione Civile, 09-03-2018, n. 5817