Qualora uno dei coniugi prenda atto di essere omosessuale, la prolungata convivenza della coppia, estrinsecatasi in una condotta oggettiva coerente con l’unione coniugale, impedisce allo Stato Italiano una pronuncia di nullità del matrimonio, a differenza di quanto può avvenire innanzi i Giudici ecclesiastici.
È quanto affermato dalla Corte di Cassazione con una recentissima ordinanza, qui sotto allegata.
Nel caso in esame, l’ex marito, dopo quattordici anni di convivenza e la nascita di una figlia, aveva riscoperto in sé un’opposta inclinazione sessuale in ragione della quale i Giudici Ecclesiastici, su richiesta della moglie, avevano pronunciato la nullità del vincolo matrimoniale non potendo l’uomo più assumere gli oneri e gli obblighi da esso derivanti.
Diversamente si era espressa la Corte d’Appello di Bologna, la quale aveva rigettato la domanda della donna, volta ad ottenere la declaratoria di efficacia nello Stato italiano della sentenza ecclesiastica, sulla base della prolungata convivenza dei coniugi successivamente alla celebrazione del matrimonio, confermata peraltro dalla comune volontà di avere un figlio.
La ex moglie ha pertanto presentato ricorso avverso la suddetta pronuncia, denunciando che la convivenza stabile e duratura successiva al matrimonio potesse essere di ostacolo al procedimento di delibazione.
La Suprema Corte, allineandosi all’orientamento giurisprudenziale maggioritario, ha ribadito che “la convivenza ‘come coniugi’, quale elemento essenziale del ‘matrimonio-rapporto’, ove protrattasi per almeno tre anni dalla celebrazione del matrimonio concordatario, integra una situazione giuridica di ordine pubblico italiano, la cui inderogabile tutela trova fondamento nei principi supremi di sovranità e di laicità dello Stato, preclusiva alla dichiarazione di efficacia della sentenza di nullità pronunciata dal tribunale ecclesiastico per qualsiasi vizio genetico del ‘matrimonio-atto’”.
La Corte di Cassazione, dunque, facendo proprie le conclusioni della Corte d’Appello, ha rigettato il ricorso della donna, ravvisando nella convivenza matrimoniale, protrattasi per ben quattordici anni, il motivo ostativo alla nullità del matrimonio secondo l’ordinamento giuridico italiano; nullità che permane, invece, solo in sede ecclesiastica.
Cassazione Civile, 15.05.2018, n. 11808
Cassazione Civile, 15-05-2018, n. 11808