La tutela del diritto fondamentale di sorellanza e fratellanza impone che, in caso di separazione dei genitori, la residenza prevalente dei fratelli e delle sorelle venga disposta presso il medesimo genitore, purché non emerga in concreto che tale collocamento è contrario al loro preminente interesse.
Si è pronunciata in questo senso la Corte di Cassazione, in un caso in cui, nell’ambito di un giudizio di separazione, il Tribunale di Roma, respingendo le rispettive domande di addebito dei coniugi, aveva disposto l’affidamento della figlia minore della coppia ai Servizi Sociali, stabilendo la sua residenza prevalente presso il padre e prevedendo una regolamentazione delle frequentazioni con la madre (convivente con l’altra figlia maggiorenne) e disponendo a suo carico l’obbligo di contribuire al mantenimento della figlia con un assegno mensile, oltre che con il versamento del 50% delle spese straordinarie.
Detta sentenza era stata impugnata e, all’esito del giudizio, la Corte di Appello di Roma aveva accolto la richiesta del marito di condanna della moglie a restituire quanto le era stato corrisposto durante il giudizio di primo grado a titolo di assegno di mantenimento, successivamente revocato, ed aveva respinto la domanda della donna di revoca della sanzione disposta a suo carico ex art. 709-ter c.p.c..
La donna ha impugnato avanti la Cassazione anche detta sentenza, lamentando – tra l’altro – come la minore non fosse stata ascoltata dal Tribunale, il quale non aveva considerato la volontà espressa dalla stessa di abitare con la madre e la sorella: a tal riguardo la donna aveva evidenziato come il consulente tecnico d’ufficio in corso di causa avesse ritenuto la madre come il genitore maggiormente idoneo alla cura della minore e più attenta ai suoi bisogni ed avesse riscontrato un peggioramento delle condizioni della bambina; talché ella aveva sostenuto la necessità di un tempestivo supporto psicologico alla minore, al fine di scongiurare possibili conseguenze depressive legate alla separazione forzata dalla madre e dalla sorella.
La Corte di Cassazione ha ritenuto tali censure fondate, evidenziando che, in tema di separazione personale tra coniugi, l’audizione del minore infradodicenne capace di discernimento – direttamente da parte del giudice ovvero, su mandato di questi, di un consulente o del personale dei Servizi Sociali – costituisce adempimento previsto a pena di nullità ove si assumano provvedimenti che lo riguardino, purché il giudice non ritenga, con specifica e circostanziata motivazione, che detto esame sia manifestamente superfluo o in contrasto con l’interesse del minore.
Nel caso esaminato era emersa la chiara ed espressa volontà della minore di vivere con la madre e la sorella, con la quale esisteva un rapporto affettivo rilevante e di reciproco sostegno; tant’è che anche il consulente tecnico aveva ritenuto il legame con la sorella il maggiore riferimento affettivo e stabilizzante per la piccola.
La Suprema Corte ha pertanto cassato la decisione della Corte d’Appello di Roma in ordine al collocamento della bambina, al fine di consentire al medesimo giudice d’appello di verificare nuovamente quale fosse la residenza più corrispondente agli interessi della piccola, partendo dal suo ascolto ed esaminando il contesto dei due nuclei familiari, l’idoneità dei genitori e l’esigenza di conservare il forte legame di sorellanza.
I Giudici della Prima Sezione civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in oggetto, accolgono il ricorso e cassano la sentenza impugnata, rinviando alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, la quale provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Cassazione Civile, 24.05.2018, n. 12957
Cassazione Civile, 24-05-2018, n. 12957