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Finita la convivenza i soldi investiti per la casa vanno restituiti

I contribuiti, economici e non, prestati dal convivente per la costruzione dell’abitazione familiare in una prospettiva di vita comune, non sono irripetibili e pertanto, qualora la convivenza si interrompa, vanno restituiti al partner che li ha indebitamente versati.

La Suprema Corte con una recentissima ordinanza qui sotto allegata ha ripreso la questione relativa  alla regolamentazione dei rapporti patrimoniali tra gli ex conviventi e alla divisione del patrimonio comune.

Nel caso di specie, la donna, ex convivente, alla fine della relazione sentimentale con il convenuto durata per ben 14 anni (10 di fidanzamento e 4 di convivenza) aveva chiesto la restituzione degli apporti economici e lavorativi offerti per la costruzione dell’abitazione comune, divenuta poi di proprietà esclusiva dell’uomo poiché eretta in un terreno di esclusiva proprietà di quest’ultimo.

Mentre il Tribunale aveva rigettato la domanda dell’attrice al rimborso di quanto prestato, la Corte d’Appello aveva riconosciuto un arricchimento senza causa in favore del compagno con riguardo al contributo alla costruzione dell’abitazione da parte della donna per due ragioni: a) all’epoca delle prestazioni in questione i due erano semplicemente fidanzati  e non conviventi; b) si trattava di dazioni consistenti, oltre la soglia di proporzionalità dei mezzi di ciascun partner, tanto da non potersi qualificare come credito irripetibile in quanto volontariamente versato dall’attrice.

Ha presentato ricorso in Cassazione la nuova compagna del convivente defunto, quale erede dello stesso.

Secondo la ricorrente, la volontarietà delle prestazioni poste in essere dall’ex compagna escludeva la ripetibilità degli esborsi versati in ragione della convivenza e dell’affetto reciproco.

Secondo la Corte di Cassazione, seppur “la volontarietà del conferimento è idonea ad escludere il diritto alla ripetizione di quanto spontaneamente pagato”, è altrettanto vero che “ è possibile configurare l’ingiustizia dell’arricchimento da parte di un convivente “more uxorio” nei confronti dell’altro in presenza di prestazioni a vantaggio del primo esulanti dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza – il cui contenuto va parametrato sulle condizioni sociali e patrimoniali del componenti della famiglia di fatto – e travalicanti i limiti di proporzionalità e di adeguatezza”.

Nel caso in esame, come giustamente rilevato dalla Corte d’Appello, i conferimenti della donna erano stati fatti durante il periodo di semplice fidanzamento ed eccedevano i limiti di proporzionalità.

Gli esborsi, inoltre, non erano indirizzati al vantaggio esclusivo del convivente, ma alla costruzione e fruizione comune di un bene, senza che potesse configurarsi una donazione o attribuzione spontanea da parte della donna; una volta accantonato il progetto di vita insieme, ha sottolineano la Corte “al convivente che non si è preventivamente tutelato non potrà essere riconosciuta la comproprietà del bene, ma avrà diritto a recuperare il denaro versato…”.

Sulla base di quanto esposto, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso e confermato la ripetibilità di quanto versato dalla donna, ex convivente, per la costruzione della vecchia casa in comune con il precedente compagno.

Cassazione Civile, 07.06.2018, n. 14732

Cassazione Civile, 07-06-2018, 14732