Ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità in favore del coniuge nei cui confronti è stata dichiarata la cessazione degli effetti civili del matrimonio, la titolarità dell’assegno divorzile deve intendersi come titolarità attuale e concretamente fruibile, non già come titolarità astratta del diritto all’assegno divorzile che è stato già in precedenza soddisfatto con la corresponsione in un’unica soluzione.
Le Sezioni Unite della Cassazione, con una recentissima sentenza qui sotto allegata, hanno dato la soluzione ad un contrasto giurisprudenziale ricorrente in ordine alla natura dell’assegno di reversibilità e la sua compatibilità o meno con la liquidazione una tantum dei diritti divorzili dell’ex coniuge.
Nel caso in esame, la Corte d’Appello di Messina aveva negato la quota della pensione di reversibilità del marito alla ex moglie ritenendo ostativa la circostanza dell’avvenuto percepimento in un’unica soluzione dell’assegno divorzile.
Ha presentato ricorso in Cassazione la donna lamentando, in primo luogo, la diversa natura delle due prestazioni (assistenziale per l’assegno di divorzio e previdenziale per l’assegno di reversibilità) ed, in secondo luogo, l’errata interpretazione fornita dalla Corte d’Appello dell’art. 5 l. divorzile; a detta della ricorrente, infatti, la disposizione secondo cui la corresponsione in un’unica soluzione dell’assegno preclude la proponibilità di ogni successiva domanda di contenuto economico, non si riferisce alla pensione di reversibilità, che grava sull’ente previdenziale, e non costituisce affatto una continuazione dell’assegno divorzile, avente differente natura.
La prima sezione della Corte di Cassazione, rivelata l’esistenza di un contrasto di orientamenti, ha rimesso la questione alle Sezioni Unite che hanno affermato: “se la finalità del legislatore è quello di sovvenire a una situazione di deficit economico derivante dalla morte dell’avente diritto alla pensione, l’indice per riconoscere l’operatività in concreto di tale finalità è quello della attualità della contribuzione economica venuta a mancare: attualità che non può essere attestata che dalla titolarità dell’assegno, intesa come fruizione attuale di una somma periodicamente versata all’ex coniuge come contributo al suo mantenimento.”
Pertanto, nel caso in cui i diritti divorzili dell’ex moglie siano già stati tutti soddisfatti in un’unica soluzione, non esiste alla morte dell’ex marito una situazione di contribuzione economica periodica e attuale che giustifichi il diritto della donna alla pensione di reversibilità.
Le Sezione Unite hanno dunque respinto il ricorso e negato il diritto all’assegno di reversibilità alla ricorrente.
Cassazione Civile, Sez. Un., 24.09.2018, n. 22434
Cassazione Civile, Sez. Un., 24-09-2018, n. 22434