Se da relazioni tecniche emerge che l’umidità riscontrata in un immobile non ha compromesso il godimento del bene, che risulta ancora abitabile, non si configura un danno risarcibile a favore dei proprietari da parte della società appaltatrice.
La Corte di Cassazione ha confermato quanto statuito dai Giudici di primo e secondo grado in un caso in cui i proprietari di un immobile avevano lamentato ma manifestazione di muffe, scrostamenti di intonaci e fessurazioni delle pareti.
In particolare, il Tribunale aveva rigettato la domanda di risarcimento danni attorea nei confronti della società appaltatrice sulla base di fotografie, di una relazione tecnica d’ufficio e di una relazione tecnica di parte, che attestavano la ridotta o nulla incidenza dell’umidità sulla possibilità di utilizzare l’immobile secondo la sua destinazione, non compromettendone, dunque, l’abitabilità. La Corte d’Appello aveva dichiarato l’impugnazione inammissibile.
I proprietari hanno presentato ricorso in Cassazione denunciando l’erronea qualificazione giuridica della fattispecie operata dal Tribunale che, a detta dei ricorrenti, avrebbe dovuto riconoscere un difetto costruttivo rilevante, tale da integrare un vizio dell’opera imputabile alla società costruttrice.
La Corte di Cassazione ha ribadito un maggioritario ed attuale orientamento giurisprudenziale secondo il quale per l’integrazione di un danno causato da vizi dell’opera “è necessario che il difetto costruttivo integri un apprezzabile pregiudizio al normale godimento del bene”; condizione che non si era realizzata nel caso di specie.
La Suprema Corte ha dunque rigettato il ricorso.
Cassazione Civile, 31.08.2018, n. 21473
Cassazione Civile, 31-08-2018, n. 21473