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Niente assegno alla ex pigra

Il diritto all’assegno di divorzio è riconosciuto alla moglie qualora il divario economico patrimoniale tra i coniugi sia anche conseguenza della circostanza che uno di essi si sia sacrificato per la famiglia; pertanto l’assenza di sacrifici e l’inerzia nel reperire un’occupazione giustificano il mancato riconoscimento dell’assegno.

Il Tribunale di Treviso con una recente sentenza, qui sotto allegata, ha negato l’assegno divorzile alla moglie trentacinquenne che nel corso del matrimonio aveva sempre rinunciato alle occupazioni lavorative reperite ed era sempre stata sostenuta economicamente dal marito, anche dopo la separazione.

Il Collegio ha in primo luogo ripercorso l’iter giurisprudenziale avente ad oggetto la natura dell’assegno divorzile fino ad arrivare a tratteggiare l’attuale funzione compensativa e perequativa dello stesso, così come formulata dalle Sezioni Unite con la sentenza n.  18287 del 2018, in virtù della quale l’assegno viene determinato tenendo conto delle aspettative professionali ed economiche eventualmente  sacrificate da parte del coniuge richiedente.

In particolare, il Tribunale trevigiano, sulla base di detti principi giurisprudenziali e di una analisi comparata tra i vari paesi europei,  ha affermato che in ragione della natura compensativa “l’assegno non è dovuto se non vi è divario tra i coniugi oppure, a prescindere dal divario reddituale e patrimoniale fra coniugi, qualora non vi sia stato alcun sacrificio di uno di essi per la formazione del patrimonio comune nel periodo dell’unione matrimoniale”. Ha peraltro affermato che la natura assistenziale dell’assegno di divorzio può giustificare l’attribuzione anche in assenza dei presupposti sopra indicati, ma solo in misura tale da garantire le sole esigenze alimentari e per il limitato tempo necessario a reperire un’occupazione lavorativa.

Nel caso di specie il Collegio, nell’escludere il riconoscimento dell’assegno, ha evidenziato a) come la decisione della donna di dimettersi dalla attività lavorativa in cui era impegnata non sarebbe stata frutto di una decisione condivisa con il marito, bensì personale e da quest’ultimo criticata; b) che la giovane età della richiedente ed il possesso di un titolo di studio, quale la laurea in commercio estero, sarebbero stati elementi idonei a consentirle il reinserimento nel mondo del lavoro;  c) non vi sarebbe stato un apprezzabile sacrificio della donna durante la vita coniugale determinante per la formazione del patrimonio del marito.

Con tale pronuncia, dunque, il Tribunale trevigiano ha fatto propri gli insegnamenti della Suprema Corte in ordine alla natura dell’assegno divorzile dando nuova rilevanza alla funzione dell’istituto, sì da evitare la formazione di redditi di posizione.

 Tribunale di Treviso, 08.01.2019

Tribunale di Treviso, 08-01-2019