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Ridotto l’assegno alla ex che non cerca lavoro

La Suprema Corte con una recente sentenza del 13.02. u.s., qui sotto allegata, è tornata sul discusso tema della quantificazione dell’assegno divorzile affermando che è legittima la riduzione dell’assegno di divorzio alla ex moglie che assume un atteggiamento deresponsabilizzante ed attendista, limitandosi ad aspettare una opportunità di lavoro senza attivarsi concretamente in tal senso.

Nel caso di specie il Tribunale di Roma, nell’ambito di un procedimento per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, aveva riconosciuto alla ex moglie un assegno divorzile di € 4.000,00 mensili. La Corte d’Appello di Roma, pur riconoscendo il diritto della donna a percepire detto emolumento in considerazione della evidente disparità reddituale con il marito e del contributo della stessa al ménage familiare durante la vita coniugale, ha, tuttavia, ridotto l’assegno ad € 2.000,00 mensili in regione di due circostanze: a) l’accettazione di eredità materna e paterna da parte dell’ex moglie; b) la negligenza della stessa nell’attivarsi per reperire una occupazione.

La donna ha presentato ricorso in Cassazione lamentando, da un lato, l’insufficienza della somma di € 2.000,00 a mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio e, dall’altro lato, l’omessa valutazione da parte della Corte d’Appello dell’assenza di proposte lavorative adeguate, nonostante la ricorrente si fosse impegnata per reperire un posto di lavoro.

La Corte di Cassazione ha, in primo luogo, chiarito che a seguito dei recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di assegno di divorzile, tale emolumento non può essere parametrato al tenore di vita matrimoniale, ma deve tenere conto della disparità delle condizioni economiche delle parti, nonché del contributo fornito dal coniuge richiedente alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio comune.

A tale ultimo riguardo, poiché la ricorrente aveva abbandonato gli studi universitari ed il vecchio lavoro per occuparsi della famiglia, la Suprema Corte ha ritenuto sussistente il diritto della donna all’assegno divorzile, quantificandolo, tuttavia, in misura minore rispetto a quella decisa dal Tribunale di Roma.

In particolare, la Corte di Cassazione ha evidenziato come, nella quantificazione del contributo de quo, assumano rilevanza la capacità dell’ex coniuge di procurarsi mezzi di sostentamento e le sue potenzialità professionali e reddituali, non già le occasioni concretamente avute dall’avente diritto di ottenere un lavoro.

Invero, ha proseguito la Corte, a seguito della crisi coniugale il coniuge è chiamato ad assumere una condotta attiva, facendosi carico delle scelte compiute e della propria responsabilità individuale, senza limitarsi ad aspettare una opportunità lavorativa in un’ottica attendista.

In ragione di quanto esposto, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’ex moglie e confermato la riduzione dell’assegno da € 4.000,00 ad € 2.000,00.

Cassazione Civile, 13,02,2020, n. 3661

Cassazione Civile, 13-02-2020, n. 3661