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Il padre che trascura la figlia la risarcisce solo se i danni sono provati

I comportamenti endo-familiari che ledono la dignità di uno dei suoi componenti possono comportare la risarcibilità ai sensi dell’art. 2043 c.c. soltanto qualora vengano dimostrati i danni arrecati ed il nesso causale tra la condotta tenuta e detti pregiudizi.

In applicazione di detto principio la Suprema Corte ha deciso il caso di un padre che – su domanda della madre – in primo grado era stato condannato a risarcire il danno non patrimoniale sofferto dalla figlia per violazione dei doveri genitoriali; in secondo grado, tuttavia, la Corte d’Appello aveva riformato la pronuncia del Tribunale, ritenendo non provati i danni arrecati dal padre alla minore.

La madre, dunque, è ricorsa in Cassazione lamentando, in primo luogo, la violazione di diverse disposizioni della Costituzione, della Carta di Nizza, della Convenzione sui diritti del fanciullo e l’omesso esame di fatti decisivi nonché, in secondo luogo, il fatto che la Corte – a suo dire – non avesse ritenuto provati i danni arrecati dal padre alla bambina, asserendo che semmai sarebbe stato onere di quest’ultimo provare di avere adempiuto ai propri obblighi genitoriali.

La Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso della donna, così come formulato, in quanto volto esclusivamente ad un riesame del giudizio probatorio ad essa sfavorevole, il quale esula dalle proprie competenze della Corte.

Con l’occasione, tuttavia, la Suprema Corte ha precisato che, alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale che ha coinvolto il diritto di famiglia, è pacifico che “il rispetto della dignità e della personalità, nella sua interezza, di ogni componente del nucleo familiare assume il connotato di un diritto inviolabile” la cui lesione da parte di un altro componente della famiglia costituisce il presupposto anche della tutela approntata dalla responsabilità civile aquiliana ex art. 2043 c.c.; con la conseguenza che devono essere applicati anche i relativi principi di distribuzione dell’onere della prova: invero, chi agisce per fini risarcitori deve provare il danno ed il nesso di causa conseguente alla condotta illecita del danneggiante.

La Suprema Corte ha osservato come, nel caso di specie, il Giudice di Appello avesse fatto corretta applicazione di tali principi e, dopo aver esaminato le prove raccolte secondo il proprio prudente apprezzamento, avesse escluso la ricorrenza di una condotta paterna tale da determinare un obbligo risarcitorio; tanto che la madre non era stata in grado di dimostrare la sussistenza di alcun danno subito dalla figlia.

Cassazione Civile, 09.03.2020, n. 6518

Cassazione Civile, 09-03-2020, n. 6518