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Le somme date all’ex convivente vanno restituite

Si configura un ingiustificato arricchimento ex art. 2041 cod. civ. qualora vengano versate delle somme al convivente more uxorio che esulano dal mero arricchimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza e, pertanto, esse devono essere restituite alla cessazione del rapporto.

La Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11303 depositata in data 02.07.2020, è tornata ad occuparsi del diritto all’indennizzo per le attribuzioni patrimoniali avvenute tra conviventi di fatto quando integrano l’arricchimento senza giusta causa.

La vicenda concerneva una donna che aveva convenuto in giudizio il suo ex compagno, al quale era stata legata sentimentalmente per oltre trent’anni e dal quale aveva avuto un figlio, per la restituzione di alcune somme che lei stessa aveva versato in favore dell’uomo in costanza del rapporto di convivenza.

La Corte di Appello di Torino, in parziale riforma del giudice di prime cure, aveva condannato l’uomo al pagamento delle somme ricevute dall’ex compagna poiché l’importo delle operazioni effettuate in suo favore, centinaia di migliaia di euro, era di gran lunga superiore a quanto necessario per l’adempimento del dovere morale e sociale che trova la sua fonte nella formazione sociale costituita dalla convivenza di fatto.

L’uomo ha così adito la Corte di Cassazione lamentando che la Corte di Appello avrebbe sovvertito il ragionamento del Tribunale, ritenendo fondata l’azione di arricchimento senza causa.

La Suprema Corte, tuttavia, ha ritenuto infondato il motivo di ricorso, ribadendo il pacifico principio secondo cui “l’azione generale di arricchimento ha come presupposto a locupletazione di un soggetto a danno dell’altro che sia avvenuta senza giusta causa, sicché non è dato invocare la mancanza o l’ingiustizia della causa qualora l’arricchimento sia conseguenza di un contratto, di un impoverimento remunerato, di un atto di liberalità o dell’adempimento di un’obbligazione naturale. E’, pertanto, possibile configurare l’ingiustizia dell’arricchimento da parte di un convivente more uxorio nei confronti dell’altro in presenza di prestazioni a vantaggio del primo esulanti dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza – il cui contenuto va parametrato sulle condizioni sociali e patrimoniali dei componenti della famiglia di fatto – e travalicanti i limiti di proporzionalità e adeguatezza” (Cit. Cass. Civ. n. 11330/2009).

Alla luce di tale principio, la Corte ha rilevato come nel caso di specie la sentenza di appello avesse evidenziato le ragioni di fatto per le quali le attribuzioni patrimoniali versate fossero da ritenere esorbitanti rispetto a quelle necessarie per far fronte alle esigenze familiari, così da non poter rientrare nel novero delle obbligazioni naturali irripetibili di cui all’art. 2034 cod. civ., in quanto prive dei requisiti di proporzionalità e di adeguatezza.

In forza di ciò, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’uomo e confermato il diritto della ex compagna all’indennizzo per indebito arricchimento.

Corte di Cassazione, 12.06.2020, n. 11303

Cassazione Civile, 12.06.2020, n. 11303