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Il mutamento della giurisprudenza non basta per la revoca dell’assegno divorzile

In tema di revisione dell’assegno divorzile, ai sensi dell’art. 9 della legge n. 898 del 1970, il mutamento sopravvenuto delle condizioni patrimoniali delle parti attiene agli elementi di fatto e rappresenta il presupposto necessario che deve essere accertato dal giudice perché possa procedersi al giudizio di revisione dell’assegno, da rendersi, poi, in applicazione dei principi giurisprudenziali attuali.

E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 22265 depositata in data 15.10.2020.

Nel caso di specie, la Corte d’appello di Campobasso aveva rigettato il reclamo proposto da un coniuge avverso la sentenza del Tribunale di Larino con la quale era stata disattesa la sua richiesta di revoca dell’assegno divorzile in favore della sua ex moglie perché aveva ritenuto che gli esborsi posti a base della richiesta fossero già stati valutati comparativamente, non risultando circostanze nuove.

Il marito ha, dunque, proposto ricorso per Cassazione asserendo che venisse censurata l’omessa valutazione della richiesta di revoca dell’esistenza dei requisiti del diritto all’assegno divorzile, così come stabilito dalla celeberrima sentenza della Cassazione n. 11504 del 2017 e dell’autosufficienza economica della moglie.

La Suprema Corte ha, però, dichiarato inammissibile il ricorso, sottolineando come l’esame dei requisiti previsti per l’attribuzione e la determinazione dell’assegno di divorzio debba seguire e non precedere l’accertamento del mutamento dei fatti posti a base della domanda di revoca, non essendo sufficiente al riguardo la sola modificazione dei parametri giuridici di attribuzione e determinazione, ancorché dovuta ad intervento della Corte di legittimità.

Cassazione Civile, 15.10.2020, n. 22265

Cassazione Civile, 15.10.2020, n. 22265