Nel giudizio divorzile in appello è ammissibile l’acquisizione di nuovi mezzi di prova, ivi compresi documenti, a condizione che sia assicurato un pieno e completo contraddittorio tra le parti.
E’ questo il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27234 del 30.11.2020, in una causa di scioglimento del matrimonio.
Nella specie, la Corte d’appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva revocato l’assegno divorzile a favore della moglie, ravvisando un sostanziale equilibrio tra la condizione patrimoniale e la capacità di reddito della moglie e quelle del marito, con conseguente non debenza dell’assegno di divorzio a favore della prima.
Con ricorso per Cassazione, la moglie ha lamentato la violazione degli artt. 2702 e ss. e 257 bis c.p.c., avendo la Corte territoriale basato la propria decisione su documenti nuovi, prodotti in appello, che pertanto – ad avviso della donna – avrebbero dovuto essere ritenuti inammissibili.
La Suprema Corte, tuttavia, ha affermato che il rito camerale previsto per l’appello avverso le sentenze di divorzio e di separazione personale, caratterizzato dalla sommarietà della cognizione e dalla semplicità delle forme, possa ammettere una produzione documentale al di fuori degli stretti dettami previsti dall’art. 345 c.p.c. per il processo ordinario, purché sia garantito il diritto dell’altra parte ad interloquire sulla tardiva produzione documentale e quindi il principio del contraddittorio.
Per tale ragione, la Corte ha respinto il ricorso promosso dalla moglie e confermato la decisione della Corte d’appello di Firenze.
Cassazione Civile, 30.11.2020, n. 27234
Cassazione Civile, 30.11.2020, n. 27234