Il giudice può ritenere accertata l’infedeltà coniugale, e per l’effetto pronunciare l’addebito della separazione, sulla base di chat e messaggi, qualora gli stessi non vengano disconosciuti in modo circostanziato ed esplicito, mediante allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà risultante dalle riproduzioni informatiche.
Così la Corte di Cassazione ha recentemente ribadito un principio in passato già espresso in tema di efficacia probatoria delle riproduzioni informatiche.
Nella specie, la Corte d’appello di Firenze aveva confermato la pronuncia di addebito della separazione del giudice di prime cure nei confronti di un marito in virtù, non solo della confessione stragiudiziale, ma anche delle comunicazioni telematiche a lui riconducibili che contenevano frasi amorose e dimostrative della relazione sentimentale extraconiugale.
Avverso tale sentenza, il marito ha proposto ricorso per cassazione, lamentando la valutazione operata dalla Corte fiorentina sulle ritenute evidenze telematiche, avendo egli smentito in più occasioni di essere l’autore dei messaggi in assunto attestanti l’esistenza della relazione extraconiugale.
La Suprema Corte, però, ha rilevato come la semplice “smentita” da parte del ricorrente che quanto rappresentato nei messaggi inoltrati in via telematica fosse corrispondente alla realtà dei fatti apparisse del tutto generica e carente di autosufficienza.
A questo proposito, infatti, si è precisato che in tema di efficacia probatoria delle riproduzioni informatiche di cui all’art. 2712 c.c. il disconoscimento idoneo a farne perdere la qualità di prova, degradandole a presunzioni semplici, deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta.
Inoltre, la Cassazione ha rilevato come il giudice di merito avesse fondato la sua decisione sulla base di quanto dichiarato dal ricorrente, il quale aveva ammesso di non riuscire ad interrompere la propria relazione extraconiugale, come confermato nel contenuto dei messaggi acquisiti in giudizio.
Alla luce di ciò, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso e conseguentemente confermato l’addebito al marito deciso dai giudici di merito.
Cassazione Civile, 13.05.2021, n. 12794
Cassazione Civile, 13.05.2021, n. 12794