La Corte di Cassazione ha affermato che non sono ammessi la relazione extraconiugale e l’abbandono della casa familiare anche se un coniuge si stanchi dell’altro, giustificandosi così una pronuncia di addebito della separazione.
Nella fattispecie trattata, una donna aveva proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza che le aveva addebitato la separazione personale dal coniuge, per avere intrattenuto una relazione extraconiugale e abbandonato la residenza familiare senza il consenso di lui, non essendovi prova, secondo la corte di merito, della pregressa intollerabilità della convivenza, ma soltanto di una certa “stanchezza” della moglie verso la vita coniugale.
La Suprema Corte ha confermato la sentenza della Corte d’Appello, richiamando la precedente giurisprudenza di legittimità secondo la quale l’allontanamento dalla residenza familiare, ove attuato senza il consenso dell’altro coniuge, a meno che sia avvenuto per giusta causa, costituisce violazione di un obbligo matrimoniale che dà luogo necessariamente a cessazione della convivenza ed è conseguentemente causa di addebito della separazione.
I Giudici hanno altresì precisato che, se è vero da un lato che “l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale richiede comunque la prova, da parte di chi richiede l’addebito, del nesso di causalità con l’intollerabilità della convivenza“, è pur vero dall’altro lato che la stessa può essere data anche in via presuntiva e l’apprezzamento circa la responsabilità di uno o di entrambi i coniugi “è istituzionalmente riservato al giudice di merito e non può essere censurato in sede di legittimità in presenza di una motivazione adeguata“.
Per tale ragione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato dalla moglie e ha condannato la stessa anche alle spese di lite.
Cassazione civile, 19.06.2017, n. 15079
Cassazione civile, 19.06.2017, n. 15079