In caso di conflitto genitoriale sull’educazione religiosa del figlio minore, possono essere adottati anche provvedimenti contenitivi o restrittivi dei diritti individuali di libertà religiosa dei genitori, purché intervengano all’esito di un accertamento in concreto, basato sull’osservazione e sull’ascolto del minore e sulla verifica che il mutamento non comprometta la sua salute psico-fisica o il suo sviluppo.
Con la sentenza n. 21916, depositata lo scorso 30.08.2019, la Cassazione si è pronunciata su un tema sempre più sentito nel contesto socio-culturale attuale, ossia l’educazione religiosa da impartire al figlio minore in caso di conflitto genitoriale.
Nella vicenda processuale posta all’attenzione della Corte, nell’ambito di un procedimento per separazione personale dei coniugi, un padre aveva espresso il proprio fermo dissenso acchè il figlio, che sino ad allora era stato educato secondo la religione cattolica, ricevesse dalla madre l’istruzione religiosa geovista.
Atteso il conflitto fra i genitori sull’argomento, il Tribunale aveva deciso ex art. 337 ter c.c. accogliendo le richieste del padre, sull’assunto che la scelta paterna fosse maggiormente rispondente all’interesse del bambino.
Proposta impugnazione da parte della madre, la Corte d’Appello aveva confermato la sentenza di primo grado, anch’essa ritenendo più rispondente all’interesse del figlio mantenere la scelta iniziale di entrambi i genitori, al fine di consentire al piccolo di completare la formazione religiosa cattolica sino al sacramento della Cresima (e cioè sino ai 12-13 anni), senza ricevere altri insegnamenti contrastanti con quelli della religione cattolica.
La madre si è pertanto rivolta alla Corte di Cassazione, lamentando la violazione del preminente interesse del minore e del diritto di libertà religiosa sancito dalla Costituzione e dal diritto internazionale.
La Suprema Corte ha ritenuto fondate le doglianze della donna, affermando che, in caso di conflitto tra genitori in ordine dalla diversa educazione religiosa da impartire al figlio, il giudice può adottare provvedimenti contenitivi o restrittivi, scegliendo tra l’una o l’altra confessione; tale scelta, tuttavia, non può essere operata sulla base di una valutazione meramente astratta.
Infatti, in tema di affidamento dei figli minori il criterio fondamentale cui deve attenersi il giudice nel fissarne le relative modalità di esercizio è quello del superiore interesse della prole, atteso il diritto preminente dei figli ad una crescita sana ed equilibrata.
Conseguentemente l’organo giudicante deve procedere all’accertamento in concreto di conseguenze pregiudizievoli per il figlio che ne compromettano la salute psico-fisica e lo sviluppo, che può avvenire solo attraverso l’osservazione e l’ascolto del minore.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione ha ritenuto che il ricorso della madre fosse fondato e, in accoglimento dello stesso, ha rinviato il giudizio alla Corte d’Appello.
Cassazione Civile, 30.08.2019, n. 21916
Cassazione Civile, 30-08-2019, n. 21916