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Assegno di divorzio dovuto solo in difetto di indipendenza economica

La Corte di Cassazione conferma di nuovo il recente e rivoluzionario orientamento che svincola il riconoscimento dell’assegno divorzile dal tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, per parametrarlo all’indipendenza economica del coniuge richiedente.

Nella recente ordinanza n. 23602/2017 qui sotto allegata, la Suprema Corte ha, infatti, accolto il ricorso di un uomo a carico del quale la Corte d’Appello aveva posto l’obbligo di versamento all’ex coniuge di un assegno divorzile di 200 euro mensili.

La Corte territoriale aveva giustificato il riconoscimento dell’assegno nei confronti dell’ex moglie in quanto costei, benchè svolgesse un’attività lavorativa dipendente e le fosse stata assegnata la casa coniugale, non aveva redditi adeguati a conservare il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, tenuto conto del divario tra le retribuzioni delle parti e la necessità di riequilibrare le situazioni economiche degli ex coniugi.

Nel ricorso in Cassazione, l’ex marito ha evidenziato che l’assegno divorzile ha natura assistenziale e la sua ex moglie era in possesso di mezzi e redditi che le avrebbero consentito di vivere un’esistenza autonoma e dignitosa, essendo stata anche assunta a tempo indeterminato.

Le doglianze sono state ritenute fondate dalla Corte, che ha ribadito il recente orientamento secondo il quale il giudice del divorzio deve svolgere un giudizio distinto in due fasi.

Nella prima, quella dell’an debeatur, deve verificare se la domanda dell’ex coniuge richiedente soddisfa le relative condizioni di legge (ossia “la mancanza di mezzi adeguati o, comunque, l’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive”).

Il parametro cui deve farsi riferimento, tuttavia, non è un “tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio“, ma l’indipendenza o autosufficienza economica del coniuge richiedente, da desumersi da una serie di principali “indici”: il possesso di redditi di qualsiasi specie ovvero di cespiti patrimoniali mobiliari e immobiliari; la capacità e possibilità effettive di lavoro personale (in relazione alla salute, all’età, al sesso e al mercato del lavoro dipendente o autonomo); la stabile disponibilità di una casa di abitazione.

L’onere probatorio della non indipendenza o autosufficienza economica, ha ribadito la Suprema Corte, incombe sul richiedente medesimo, in base alle pertinenti allegazioni, deduzioni e prove da lui offerte, fermo il diritto all’eccezione ed alla prova contraria dell’altro ex coniuge.

Invece, nella seconda fase, a cui si accede solo se la prima si sia positivamente conclusa per chi richiede l’assegno e nella quale viene quantificato in concreto l’assegno divorzile, emergono tutti gli elementi indicati dalla norma («condizioni dei coniugi», «ragioni della decisione», «contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune», «reddito di entrambi»), che il giudice valuterà anche in rapporto alla durata del matrimonio: le condizioni reddituali dell’altro coniuge, dunque, possono avere rilievo solo riguardo a tale seconda ed eventuale fase della quantificazione.

Per il riconoscimento dell’assegno divorzile, pertanto, non è sufficiente – come nel caso esaminato dalla Corte – che il giudice fondi l’accoglimento della domanda sulla base del mero divario tra le retribuzioni e sull’inadeguatezza dello stipendio percepito dalla donna se raffrontato alla situazione economica in costanza di matrimonio.

Cassazione Civile, 09.10.2017, n. 23602

Cassazione Civile, 09.10.2017, n. 23602