Secondo il Tribunale di Milano, l’alienazione genitoriale non integra una nozione di patologia clinicamente accertabile, bensì un insieme di comportamenti (illeciti) posti in essere dal genitore collocatario per emarginare e neutralizzare l’altra figura genitoriale; condotte che non abbisognano dell’elemento psicologico del dolo essendo sufficiente la colpa o la radice anche patologia delle condotte medesime.
Pertanto l’azione promossa dalla madre, la quale proponga ricorso contro il padre per questioni relative ai figli e risulti poi essere l’autrice di comportamenti alienanti, è da ritenere processualmente viziata da colpa grave e come tale meritevole di condanna al risarcimento dei danni nei confronti dell’altro genitore ex art. 96 comma III c.p.c., configurandosi in tal caso un grave abuso dello strumento processuale.
Tribunale di Milano, 9 – 11 marzo 2017
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