La Corte di Cassazione, con un recente sentenza qui sotto allegata, ha confermato la decisione con cui la Corte d’Appello – aderendo alle conclusioni assunte in primo grado dal Tribunale – aveva ritenuto integrato il reato di estorsione a carico di una donna che aveva chiesto all’amante 6.000,00 euro per non rivelare la loro relazione extraconiugale ultradecennale alla moglie dell’uomo.
La donna è ricorsa in cassazione assumendo che il denaro richiesto le spettasse di diritto quale risarcimento del danno conseguente ad una dolorosa e problematica interruzione di gravidanza insistentemente voluta dall’uomo: in buona sostanza, secondo la prospettazione della ricorrente, la Corte d’Appello sarebbe incorsa in un travisamento dei fatti, non avendo avuto la donna alcun intento estorsivo nei confronti dell’uomo, bensì la mera intenzione di far valere una propria legittima pretesa nei confronti dell’amante che le aveva arrecato un grave danno.
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso della donna inammissibile, in quanto finalizzato ad una nuova valutazione di fatto, già ampiamente presa in esame dalla Corte di merito e comunque preclusa alla Corte di legittimità.
In ogni caso la Suprema Corte ha sottolineato come non vi fosse alcuna pretesa tutelabile a fondamento della richiesta di denaro avanzata dalla ricorrente, non essendo stata provata in giudizio l’asserita interruzione di gravidanza (circostanza smentita, peraltro, dai testimoni escussi).
A parere della Cassazione, dunque, la Corte d’Appello aveva correttamente motivato la propria decisione sulla base delle circostanze e degli elementi di prova emersi durante i giudizi di primo e secondo grado.
Conseguentemente la Suprema Corte ha confermato la condanna dell’amante per il reato di estorsione ai danni dell’uomo, disponendo altresì l’obbligo di pagare le spese legali sostenente da quest’ultimo.
Cassazione Penale, 11.03.2020, n. 9750
Cassazione Penale, 11-03-2020, n. 9750