La Corte di Cassazione ha affermato che l’assunzione tra fratelli dell’obbligo di conguaglio per la differenza di valore dei beni loro donati in vita dal genitore non viola il divieto di patti successori, non concernendo i diritti spettanti sulla futura successione mortis causa del genitore.
Nel caso di specie, una donna e le due figlie avevano stipulato una serie di atti con le quali la madre trasferiva alle figlie la piena proprietà o la nuda proprietà di alcuni immobili, mentre queste ultime si impegnavano, quale ulteriore corrispettivo dei trasferimenti effettuati dalla madre, ad accudire il fratello, afflitto da problemi di salute. Sempre nella stessa data, le due figlie avevano stipulato una scrittura privata con la quale l’una si riconosceva debitrice nei confronti dell’altra, a titolo di conguaglio del maggior valore dei beni ricevuti.
Quest’ultima non avendo ottenuto il pagamento della suddetta somma aveva dunque ottenuto decreto ingiuntivo nei confronti della sorella, la quale aveva in seguito promosso giudizio di opposizione.
Il Tribunale di Perugia, aveva accolto l’opposizione rilevando che la scrittura privata intercorsa tra le sorelle fosse nulla perché integrante la violazione del divieto di patti successori ex art. 458 c.c.. La Corte d’appello di Perugia aveva respinto il gravame confermando la nullità dell’accordo per violazione dell’art. 458 c.c..
Avverso tale sentenza è stato proposto ricorso per Cassazione e, in detta sede, la Suprema Corte, con provvedimento il cui contenuto è stato poi confermato anche nel successivo giudizio di rinvio, ha osservato che le parti si erano limitate a determinare il conguaglio in relazione al maggior valore dei beni ricevuti ed acquistati dalla madre in vita, atteso che la scrittura non conteneva alcuna rinuncia di diritti spettanti sulla futura successione di questa con conseguente legittimità degli atti di trasferimento dalla madre alle figlie.
La sorella debitrice si è dunque vista costretta a pagare il conguaglio dovuto.
Cassazione Civile, 23.10.2020, n. 23391
Cassazione Civile, 23.10.2020, n. 23391