Con la sentenza n. 13354/17 la Corte di Cassazione torna sul tema del mantenimento dei figli maggiorenni che hanno già intrapreso un’attività lavorativa per delineare anche in questa sede il concetto di indipendenza economica.
In particolare la Suprema Corte osserva che finché i figli sono titolari di un contratto di apprendistato non svolgono un’attività lavorativa stabile, con conseguente diritto all’assegno di contribuzione al mantenimento.
Successivamente quando iniziano a svolgere regolare attività lavorativa, seppur con contratti a termine e con guadagni contenuti, sono comunque autosufficienti economicamente.
A ciò consegue necessariamente la revoca dell’assegnazione alla moglie della casa coniugale di proprietà comune con il marito: il giudice della separazione o del divorzio non può far altro che revocare l’assegnazione, in caso di figli ormai maggiorenni e autosufficienti economicamente.
I coniugi potranno concludere accordi tra di loro ovvero instaurare un procedimento ad hoc sulla divisione dell’immobile.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 26 ottobre 2016 – 26 maggio 2017, n. 13354
Presidente Di Palma – Relatore Dogliotti
Svolgimento del processo
Con ricorso per la modificazione delle condizioni di separazione in data 13/11/2007, nei confronti della moglie FE. As. e del figlio maggiorenne De Mi. Ma., De Mi. Fr. chiedeva al Tribunale di Civitavecchia l’eliminazione dell’assegno di mantenimento per il figlio dal settembre 2006. Chiedeva altresì la condanna dei resistenti in solido alla restituzione della somma di Euro. 2.602,90, relativa a quanto versato da ottobre 2006 a settembre 2007.
Costituitosi il contraddittorio, i resistenti chiedevano il rigetto delle domande.
Con ricorso per la cessazione degli effetti civili del matrimonio e per l’ulteriore modifica dei provvedimenti di separazione nei confronti degli stessi resistenti, il De Mi. chiedeva pronunciarsi il divorzio tra i coniugi, revocarsi l’assegno di mantenimento per la moglie; in subordine, ridursi l’assegno per la moglie ad importo di Euro. 100,00 mensili e confermarsi l’assegno per il figlio Ma. per l’importo di Euro. 200,00 mensili.
Si costituivano la Fe. ed il figlio Ma., chiedendo la pronuncia di divorzio, rigettandosi le domande del De Mi., l’eliminazione delle statuizioni relativamente all’affidamento dei figli e al regime di visita, essendo questi ormai maggiorenni, nonché l’accertamento e la declaratoria di irripetibilità delle somme percepite dalla resistente e dal figlio Ma. tra l’ottobre 2006 e il settembre 2007.
Le procedure venivano riunite.
Il Tribunale di Civitavecchia, con sentenza in data 17/11/09, pronunciava il divorzio dei coniugi De Mi. – Fe., disponeva assegno divorzile per la moglie per l’importo di Euro. 250,00 mensili e un contributo paterno per il mantenimento dei figli Ma. e Ma. di Euro. 100,00 mensili, ciascuno.
Proponeva appello De Mi. Fr., ribadendo la richiesta di condanna della Fe. in solido con il figlio Ma. a restituire la somma di Euro. 2.602,90. Chiedeva altresì la revoca dell’assegno divorzile della moglie, dell’assegnazione ad essa della casa coniugale nonché dell’assegno di mantenimento per i figli, autosufficienti economicamente.
Costituitosi il contraddittorio la Fe. e i due figli eccepivano preliminarmente il difetto di legittimazione passiva; nel merito, rigettarsi l’appello.
Con sentenza 4 maggio 2012, la Corte di Appello di Roma dichiarava il difetto di legittimazione passiva di De Mi. Ma. e Ma.; riconosceva il diritto della Fe. all’assegno divorzile che confermava in Euro. 250,00 mensili, rideterminandolo in Euro. 450,00 mensili con decorrenza dal gennaio 2010: revocava il contributo paterno per i figli Ma. e Ma. a decorrere da gennaio 2010; revocava l’assegnazione alla Fe. della casa coniugale.
Ricorre per cassazione De Mi. Fr…
Resiste con controricorso e propone ricorso incidentale Fe. As., con i figli De Mi. Ma. e Ma..
Le parti depositano memorie difensive.
Motivi della decisione
Con il primo motivo, il ricorrente principale lamenta omessa pronuncia su un capo di domanda -error in procedendo – violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c, non avendo la sentenza impugnata pronunciato sulla specifica domanda da lui coltivata relativa alla restituzione in suo favore della somma di Euro. 2602,90.
Con il secondo, omessa ed insufficiente motivazione su un capo di domanda – violazione degli artt. 40 e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c: si sostiene l’omessa pronuncia del giudice di primo grado sulla domanda restitutoria degli assegni versati al figlio Ma. dal settembre 2006, avendo lo stesso dichiarato di aver iniziato a percepire un proprio reddito da lavoro.
Con il terzo, contraddittoria pronuncia su un capo di domanda – error in iudicando – in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c. Afferma il ricorrente che il lavoro del figlio era stabile, come avevano dichiarato i figli davanti al giudice di primo grado.
Con il primo motivo del ricorso incidentale, i ricorrenti lamentano illogica e contraddittoria pronuncia su un capo della domanda attinente al contributo del De Mi. per i figli, censurando l’eliminazione
del contributo stesso dal gennaio 2010.
Con il secondo, illogica e contraddittoria pronuncia su un capo della domanda – error in iudicando – in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. – assegnazione della casa familiare alla Sig.ra As. Fe. che l’ha abitata con i figli Ma. e Ma., dovendo l’assegnazione della casa familiare tenere prioritariamente conto dell’interesse dei figli.
Ai sensi dell’art. 372 c.p.c, i ricorrenti incidentali chiedono che siano ammessi nel processo alcuni documenti attinenti alla fondatezza del controricorso, formatisi dopo l’esaurimento della possibilità di produrli in fase di appello, che si allegano al controricorso.
Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità della produzione di nuovi documenti, in contrasto con il divieto espresso dal predetto articolo, tranne che per quelli che attengono alla nullità della sentenza impugnata e alla ammissibilità del ricorso e del controricorso.
Gli stessi ricorrenti chiedono correggersi la sentenza impugnata, ma la correzione di sentenza d’appello non rientra tra le competenze di questa Corte: l’istanza è pertanto inammissibile.
I tre motivi del ricorso principale possono trattarsi congiuntamente, per evidenti ragioni di connessione.
Erra il giudice a quo, quando si limita a precisare che le domande restitutorie, in quanto non connesse con la domanda principale di divorzio, sarebbero inammissibili. Va infatti precisato che risultano riuniti il procedimento di divorzio e quello di modifica delle condizioni di separazione, e la pronuncia impugnata nulla dice con riferimento al giudizio riunito.
La risposta del giudice è tuttavia implicita, là dove, trattando di altra questione, ammette l’autosufficienza economica dei figli, soltanto dal gennaio 2010, e non dalla domanda del padre.
Con motivazione adeguata e non illogica, il giudice a quo chiarisce che i figli stessi, fino al 2010, non svolgevano attività lavorativa stabile; in particolare Ma. era titolare di un contratto di apprendistato. Da quella data – afferma il giudice a quo – essi svolgono regolare attività lavorativa e, seppur con contratti a termine e con guadagni contenuti, sono comunque autosufficienti economicamente. A ciò consegue necessariamente la revoca dell’assegnazione della casa coniugale alla moglie, che essa afferma essere di proprietà comune con il marito: il giudice della separazione o del divorzio non può far altro che revocare l’assegnazione, in caso di figli ormai maggiorenni e autosufficienti economicamente. I coniugi potranno concludere accordi tra di loro ovvero instaurare un procedimento ad hoc sulla divisione dell’immobile.
Per quanto si è detto, vanno rigettati i motivi del ricorso incidentale, attinenti appunto al contributo per il mantenimento dei figli, da parte del padre, e all’assegnazione della casa coniugale.
Conclusivamente vanno rigettati il ricorso principale e quello incidentale .
Il tenore della decisione richiede la compensazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili l’istanza ex art. 372 c.p.c. e quella di correzione; rigetta entrambi i ricorsi; compensa le spese.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 D.Lgs. 196/03, in quanto imposto dalla legge.
Doppio contributo a carico tanto del ricorrente principale che di quelli incidentali.