Un contratto può ritenersi concluso anche qualora vi sia apposta, anziché la firma per esteso, una solo sigla del soggetto legittimato alla conclusione del contratto stesso.
Lo ha stabilito la Suprema Corte in un caso in cui oggetto di contestazione, in primo e secondo grado, era l’effettiva sottoscrizione, da parte del legale rappresentante di una società, di un contratto sul quale risultava apposta solo una sigla.
In particolare, nel caso in esame, il Tribunale di Milano, all’esito della consulenza tecnica espletata, aveva riconosciuto la sigla in questione come effettivamente riconducibile al legale rappresentante, con conseguente validità ed efficacia del contratto e degli obblighi di pagamento da esso derivanti e fatti valere da controparte attraverso due decreti ingiuntivi, successivamente opposti. Nel conformarsi alle conclusioni del Tribunale, anche la Corte d’appello aveva attribuito la paternità della sigla alla società appellante e considerato, dunque, pacifica la debenza delle somme il cui pagamento si fondava sul contratto stesso.
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso in Cassazione la società soccombente adducendo il difetto di provenienza del documento contrattuale, in considerazione del tempestivo disconoscimento dell’apparente sottoscrizione ricondotta al legale rappresentante, peraltro apposta in forma di semplice sigla.
La Corte di Cassazione, decidendo l’impugnazione, ha escluso che la Corte d’appello avesse travisato le valutazioni e le relative conclusioni del consulente tecnico, ritenendo dunque corretto che la sottoscrizione del contratto, pur con sigla sintetica, fosse stata ricondotta al legale rappresentate della società ricorrente.
La Suprema Corte, richiamando un precedente indirizzo, ha altresì precisato che “non è necessaria la piena intellegibilità della sottoscrizione del contraente, essendo valida anche la firma abbreviata o la sigla, purché essa sia dotata di un’individualità grafica che non ne consente l’automatica riproducibilità, e consenta invece di attribuirla ad un determinata persona, evidenziandone la volontà di rendersene autore, agendo sia in proprio sia nella qualità di rappresentante di un altro soggetto, senza, peraltro, obbligo di aggiungere questa specificazione” (Cass. Civ.: 3261/2009).
Alla luce di ciò, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società ricorrente.
Cassazione Civile, 19.03.2018, n. 6573
Cassazione Civile, 19-03-2018, n. 6753