Nel valutare l’adeguatezza o meno del familiare prescelto quale affidatario in via temporanea, ai sensi dell’art. 333 c.p.c., a soddisfare le esigenze del minore e a salvaguardarne il sano ed equilibrato sviluppo psico-fisico, il Giudice deve valorizzare il contributo dato dalle figure vicarianti inter-familiari, come i nonni, poiché il mantenimento del rapporto con la famiglia di origine costituisce il criterio guida di ogni scelta in materia di affido, anche temporaneo, dei minori.
Con la recente sentenza n. 28257 pubblicata il 04.11.2019, la Cassazione ha precisato il principio anzidetto, in una fattispecie in cui il Tribunale per i minorenni di Venezia aveva disposto d’ufficio il collocamento di tre minori in ambiente protetto etero-familiare, ritenendo inadeguate le capacità di genitori e nonni paterni di curare gli interessi e la crescita dei bambini ed incaricando i servizi sociali di disciplinarne gli incontri anche in forma protetta.
Il padre ed i nonni paterni avevano proposto reclamo avanti la Corte di appello di Venezia, sezione per i minorenni, la quale aveva fissato un termine di durata del provvedimento impugnato (diciotto mesi), tuttavia confermando nel resto il giudizio di inadeguatezza dei genitori (il padre per le violenze perpetrate in pregiudizio della madre alla presenza dei figli ed entrambi per avere picchiato i minori) e dei nonni (per l’età avanzata, l’atteggiamento di giustificazione della condotta violenta del figlio, il ricorso del nonno a metodi educativi violenti rispetto ad uno dei nipoti e l’atteggiamento fortemente critico della nonna con la madre dei minori).
Costoro, dunque, sono ricorsi in cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., lamentando come la Corte d’appello non avesse accuratamente valutato la loro idoneità nel rendersi affidatari dei minori, nonostante fossero già stati designati in precedenza quali affidatari dal Sindaco del Comune ai sensi dell’art. 403 c.c..
Nel decidere il ricorso, la Suprema Corte ha evidenziato che:
– l’affido temporaneo etero-familiare rappresenta una misura offerta al minore che versa in difficoltà, determinate dalla malattia di un genitore, isolamento sociale, trascuratezza, fenomeni di violenza fisica e psichica, relazioni disfunzionali, e quindi in casi che, temporaneamente, possono ostacolare la funzione educativa o la convivenza tra genitore e figlio;
– esso costituisce un intervento “ponte”, destinato a rimuovere situazioni di difficoltà e di disagio familiare all’esercizio della responsabilità genitoriale, e rientra tra i provvedimenti convenienti per l’interesse del minore di cui all’art. 333 c.c. in quanto finalizzato a superare la condotta pregiudizievole di uno o di entrambi i genitori, senza dar luogo alla pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale;
– per tale ragione detta misura può declinarsi nelle forme dell’affidamento interfamiliare, ossia ai membri della cosiddetta “famiglia allargata”, nella primaria esigenza di evitare al minore, oltre al trauma conseguente all’allontanamento dai genitori, anche quello della deprivazione del più ampio contesto familiare in cui è cresciuto;
– dunque, ove l’affido etero-familiare abbia un’apprezzabile distensione temporale che rifugga, come tale, dal definire una situazione di stretta urgenza, emerge l’esigenza di non allentare il legame del minore con la famiglia di origine, di cui i nonni sono chiara espressione, al fine di tutelare il diritto finale e personalissimo del bambino a crescere nella famiglia naturale a salvaguardia del suo sano ed equilibrato sviluppo psico-fisico.
Tanto precisato, la Cassazione ha ritenuto che la Corte d’appello di Venezia non avesse debitamente tenuto conto di tali principi ed ha pertanto cassato il decreto impugnato, rinviando al medesimo Giudice in diversa composizione affinché si pronunci nuovamente a riguardo alla luce delle precisazioni formulate.
Cassazione Civile, 04.11.2019, n. 28257
Cassazione Civile, 04-11-2019, n. 28257