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Divisioni più consensuali che giudiziali

Negli ultimi anni la tipologia di procedimento scelta in prevalenza dai coniugi è quella consensuale: nel 2015 si sono conclusi in questo modo il 78% delle separazioni ed il 57,6% dei divorzi.
L’Istat dice che la maggiore o minore propensione a concludere il proprio matrimonio in maniera concordata o affidandosi ai giudici non è uguale in tutta Italia e sulla scelta influiscono alcuni fattori, in particolar modo il livello di istruzione (e anche le diverse disponibilità economiche).
Se al Centro e al Nord poco più di 1 separazione su 10 si chiude con rito giudiziale (13% circa), questa proporzione sale a 1 su 5 per le separazioni nelle Isole (il 21,4%) e addirittura a quasi 1 su 3 per i divorzi in tutto il Mezzogiorno (31,9%).
Il ricorso al rito giudiziale diminuisce con l’aumento del livello di istruzione. Se nel 2012 (ultimo dato disponibile per questo tipo di analisi) la media italiana chiede ai giudici di definire la propria separazione nel 14,6% dei casi, la quota sale al 16,5% quando il marito o la moglie abbiano al massimo la licenza media, mentre scende all’11% se la moglie ha un titolo universitario (12,7% se il titolo universitario lo ha il marito).
Considerando congiuntamente il livello di istruzione della coppia, la maggiore variabilità nel ricorso al rito giudiziale si osserva quando la moglie ha un titolo di studio basso: tale quota passa, infatti, dal 26,3% quando è in coppia con un marito con livello alto, al 16,3% quando il titolo del marito è basso. Le percentuali più esigue si registrano nei casi in cui a un titolo di studio alto della moglie corrisponde un titolo alto o medio del marito (rispettivamente 10,9% e 10,5%).