La funzione equilibratrice-perequativa dell’assegno divorzile mira a compensare i sacrifici fatti dal coniuge durante il matrimonio per scelta comune della coppia, mentre non può essere volta a correggere la notoria disparità sociale ed economica tra uomo e donna, essendo tale obiettivo di competenza delle forze di governo e delle formazioni culturali ed educative.
In particolare il Tribunale, nel decidere, si è soffermato sulla nozione di “funzione equilibratrice perequativa dell’assegno di divorzio”, così come recentemente intesa dalle Sezioni Unite della Cassazione (divorzio-no-delle-sezioni-unite-al-criterio-dellautosufficienza-economica/), giungendo alla conclusione secondo cui tale finalità “non può essere intesa nel senso di attribuire all’assegno di divorzio la funzione di ovviare alle sperequazioni che esistono nel mercato del lavoro e nel riconoscimento, anche economico, del lavoro extra-domestico femminile”; nella determinazione dell’assegno divorzile lo squilibrio tra le parti, dunque, non può essere ricondotto a ragioni di natura economico-sociale ma deve essere causalmente ricondotto alle determinazioni comuni ed ai ruoli endofamiliari, in relazione alla durata del matrimonio e dell’età dei coniugi. In altre parole, ha specificato il Tribunale, la funzione dell’assegno divorzile sarebbe quella di ristorare la parte che, sulla base delle scelte di coppia, ha sacrificato le proprie ambizioni personali, non già quella di correggere una situazione sociale determinatrice di discriminazioni di genere.
Nel caso in esame il Tribunale, sulla base delle situazioni economiche – reddituali degli ex coniugi , non ha riscontrato alcuna disparità economica tra gli stessi legittimante l’assegno divorzile, avendo la moglie un consistente reddito da capitale derivante dal patrimonio mobiliare ed immobiliare di cui dispone.
Inoltre il Collegio ha evidenziato come già in sede di separazione le parti avessero diviso il patrimonio comune attraverso attribuzioni che tenevano conto dell’apporto dato dalla moglie alla carriera del marito, con corrispondente sacrificio della propria, così soddisfando le esigenze di solidarietà post coniugale.
Infine il Tribunale ha ritenuto che, secondo comuni dati di esperienza, un’occupazione come giornalista (carriera alla quale la donna aveva rinunciato) non avrebbe consentito alla stessa di giungere ad una situazione patrimoniale complessiva migliore di quella attuale.
Sulla base di ciò, il Tribunale ha rigettato la domanda dell’ex moglie di vedersi riconosciuto un assegno divorzile.
Tribunale di Pavia, 17.07.2018
Tribunale di Pavia,17-07-2018