Anche all’amministratore di società di capitali già cessato dalla carica spetta la legittimazione a proporre reclamo avverso la sentenza di fallimento, trattandosi di mezzo impugnatorio volto a rimuovere gli effetti negativi, morali e patrimoniali, che possono derivare, anche indirettamente, dalla suddetta pronuncia.
La Corte di Cassazione si è così pronunciata su ricorso dell’ex amministratore che aveva proposto reclamo avverso la sentenza che aveva dichiarato il fallimento della società; la Corte d’Appello, invero, aveva dichiarato l’inammissibilità del reclamo ritenendo l’uomo privo di legittimazione.
L’ex amministratore ha proposto ricorso in Cassazione avverso la sentenza di secondo grado, evidenziando di aver ricoperto tale carica fino a quando era subentrato l’amministratore giudiziario per essere nel frattempo intervenuta la confisca di prevenzione del compendio aziendale e del capitale sociale, sul presupposto che egli fosse il sostanziale titolare delle quote medesime.
La Corte di Cassazione ha ritenuto tali doglianze fondate. In particolare, in forza di una interpretazione estensiva dell’art. 18 della legge fallimentare (che legittima al reclamo avverso la sentenza di fallimento il debitore e “qualunque altro interessato”), ha osservato come il predetto provvedimento di sequestro avesse, di fatto, inciso negativamente sulla sfera patrimoniale del ricorrente, con conseguente suo interesse all’impugnazione della sentenza di fallimento per aver egli subito indirettamente gli effetti negativi di tale pronuncia.
Cassazione Civile, 13.03.2019, n. 7190
Cassazione Civile, 13-03-2019, n. 7190