Nell’azione di responsabilità promossa dal Curatore a norma dell’art. 146, comma 2, l.fall. nei confronti dell’amministratore, il giudice può ricorrere alla liquidazione equitativa del danno, nella misura corrispondente alla differenza tra il passivo accertato e l’attivo liquidato in sede fallimentare, qualora il ricorso a tale parametro si palesi, in ragione delle circostanze del caso concreto, logicamente plausibile.
La Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in tema di azione di responsabilità esercitata dal Curatore nei confronti dell’amministratore della società fallita.
Nella fattispecie decisa, il Tribunale di Treviso aveva accertato la responsabilità dell’amministratore, condannandolo al risarcimento del danno quantificato in € 185.000,00; detta pronuncia è stata in seguito confermata dalla Corte d’Appello di Venezia.
L’amministratore ha pertanto adito la Cassazione, lamentando che il Giudice di secondo grado avrebbe erroneamente considerato il conflitto di interessi in taluni atti di cessione, nonché la violazione degli obblighi di tenuta della contabilità quali indici presuntivi dai quali desumere l’esistenza e la quantificazione del danno, senza che essi fossero stati valutati e provati.
La Suprema Corte, tuttavia, ha ritenuto tali censure infondate, ribadendo che nell’ambito dell’azione di responsabilità promossa dalla Curatela fallimentare nei confronti dell’amministratore della società fallita, il giudice può ricorrere alla liquidazione equitativa del danno, nella misura corrispondente alla differenza tra il passivo accertato e l’attivo liquidato in sede fallimentare, qualora il ricorso a tale parametro si palesi, in ragione delle circostanze del caso concreto, logicamente plausibile, in quanto l’attore abbia allegato inadempimenti dell’amministratore astrattamente idonei a porsi quali cause del danno lamentato, indicando le ragioni che gli hanno impedito l’accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell’amministratore medesimo.
Nel caso di specie, il ricorso a detto parametro era stato correttamente valutato plausibile dalla Corte d’Appello, giacché gli inadempimenti addebitati all’amministratore – consistiti nella cessione a sé stesso, a prezzo vile, di rami d’azienda e nella pluriennale mancata tenuta delle scritture contabili – erano stati ritenuti idonei a determinare il pregiudizio lamentato.
La Cassazione ha pertanto rigettato il ricorso dell’amministratore.
Cassazione Civile, 01 Febbraio 2018, n. 2500
Cassazione Civile, 01-02-2018, n. 2500