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Fallimento e onere della prova: documenti per dimostrare la non fallibilità

 

“Ai fini della prova, da parte dell’imprenditore, della sussistenza dei requisiti di non fallibilità di cui all’art. 1, comma 2, l.fall., i bilanci degli ultimi 3 esercizi costituiscono la base documentale imprescindibile, ma non anche una prova legale, sicché, ove ritenuti motivatamente inattendibili dal giudice, l’imprenditore rimane onerato della prova circa la ricorrenza dei requisiti della non fallibilità.”
(Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza n. 13746/17; depositata il 31 maggio)

Con la pronuncia del 31 maggio 2017, n. 13746, il S.C. interviene sul delicato tema della valenza probatoria, nell’istruttoria prefallimentare, dei bilanci, al fine di accertare il requisito della fallibilità.

La sentenza in commento concerne la possibilità o meno, per l’imprenditore, di provare con mezzi diversi dai bilanci l’assenza dei requisiti di fallibilità di cui all’art. 1, comma 2, l.fall..

In termini generali, può ben osservarsi che l’onere della prova del mancato superamento dei limiti di fallibilità previsti dall’art. 1, comma 2, l.fall. attualmente vigente, grava sul debitore.

A tal proposito i bilanci degli ultimi 3 esercizi pur non avendo certamente valore di prova legale, rappresentano la base documentale principale della dimostrazione che il debitore ha l’onere di fornire per sottrarsi alla dichiarazione del fallimento.

Infatti, ai sensi dell’art. 15, comma 4, l.fall, ai fini della prova della sussistenza dei requisiti di non fallibilità di cui all’art. 1, comma 2, l.fall., i bilanci degli ultimi tre esercizi che l’imprenditore è tenuto a depositare, sono quelli già approvati e depositati nel registro delle imprese, ai sensi dell’art. 2435 c.c..

Pertanto ove difettino tali requisiti, il giudice può motivatamente non tenere conto dei bilanci prodotti, rimanendo l’imprenditore onerato della prova circa la sussistenza dei requisiti della non fallibilità che, secondo la Suprema Corte, può essere fornita attraverso altri, diversi documenti altrettanto significativi.

Per quanto riguarda le imprese individuali e la società di persone non tenute al deposito dei bilanci, esse saranno tenute ad assolvere all’onere probatorio in questione mediante documenti che nella sostanza tengano luogo di veri e propri bilanci redatti in modo da consentire l’accesso a una chiara, trasparente, completa e intellegibile rappresentazione della situazione economica, finanziaria e contabile dell’impresa; in mancanza di detti documenti il giudice potrà liberamente valutare la affidabilità della documentazione prodotta e la sua congruità alla luce di tutte le circostanze del caso.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 7 marzo – 31 maggio 2017, n. 13746
Presidente Nappi – Relatore Genovese

Fatti di causa

1. Con sentenza in data 10 dicembre 2013, il Tribunale di Tempio Pausania ha dichiarato il fallimento della (OMISSIS) srl, sussistendo la condizione di procedibilità di cui all’art. 15 LF, la qualità d’imprenditore commerciale, il superamento della soglia di fallibilità, di cui all’art. 1 LF, e lo stato d’insolvenza.
2. Investita del reclamo della società, la Corte d’appello di Cagliari-sez di Sassari l’ha respinto e ha regolato le spese.
2.1. La Corte territoriale, anzitutto, ha respinto la censura relativa alla nullità della notificazione del ricorso (e del decreto di convocazione del debitore), eseguita a mezzo posta, affermando che il tentativo diretto alla persona del legale rappresentante della società si era perfezionato con la compiuta giacenza, a seguito del deposito dell’atto presso l’ufficio postale e la spedizione dell’avviso al destinatario.
2.2. In secondo luogo, il creditore ricorrente aveva “depositato in questo grado l’originale dell’avviso, già prodotto in fotocopia in primo grado, dal quale risulta(va) il recapito del plico nella residenza dell’amministratore ed il mancato ritiro nei termini della compiuta giacenza”, onde non era neppure ipotizzabile il dubbio “circa la corrispondenza della cartolina oggi prodotta con quella menzionata nell’avviso di ricevimento della comunicazione di avvenuto deposito dell’atto giudiziario con la raccomandata n. (omissis) (prodotto in primo grado), posto che entrambi recano lo stesso numero di cronologico (n. 2110), circostanza questa che esclude possa trattarsi di un avviso relativo ad altra notificazione”.
2.3. Né era fondata l’eccezione di difetto dei presupposti soggettivi ed oggettivi per la dichiarazione di fallimento, atteso che essa debitrice non aveva documentato il mancato superamento delle soglie di cui all’art. 1 LF, essendo suo l’onere, ed avendo essa prodotto – in sede di reclamo – le copie dei bilanci non accompagnati dalla prova del loro tempestivo deposito presso il registro delle imprese, secondo le modalità ed i termini previsti dall’art. 2435 o 2478-bis cod. civ. (che stabilisce l’obbligo dell’approvazione entro 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio e il suo deposito entro i trenta giorni successivi). Pur se valido, l’atto irregolarmente approvato e depositato, sarebbe privo della capacità probatoria in ordine ai dati in esso contenuti.
3. Contro tale decisione la società (omissis) srl ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, illustrati con memoria ex art. 380-bis cod. proc. civile.
4. La curatela fallimentare e il creditore istante non hanno svolto difese in questa fase.

Ragioni della decisione

1.Con il primo mezzo (Violazione o falsa applicazione dell’art. 140 cod. proc. civ.; mancato accertamento dell’esistenza della notificazione del ricorso introduttivo e del decreto di fissazione dell’udienza; omessa motivazione sull’eccezione in sede di reclamo), la ricorrente si duole della non corretta valutazione dei fatti relativi alla notificazione del ricorso diretto alla dichiarazione del suo fallimento.
1.1. Il Tribunale si sarebbe accontentato del deposito dell’avviso di immissione dell’atto nella cassetta postale e della stampa della pagina web del sito delle Poste italiane, dal quale risultava che esso fosse in “lavorazione” presso gli uffici di Roma.
1.2. In sostanza, sarebbe mancato il deposito dell’avviso di ricevimento, ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., nel corso della fase prefallimentare e tanto avrebbe comportato l’inesistenza della notificazione.
2. Con il secondo (Violazione o falsa applicazione dell’art. 18 n. 8 LF e preclusione e violazione del contraddittorio), la ricorrente si duole del fatto che la Corte territoriale aveva consentito il tardivo deposito dell’avviso di ricevimento della raccomandata postale relativa alla notificazione dell’istanza di fallimento.
2.1. In particolare, vi sarebbe stata una violazione di legge in quanto il detto adempimento non potrebbe essere consentito nella fase di impugnazione.
2.2. Senza dire che la Corte avrebbe affermato una circostanza non vera, costituita dall’avvenuta produzione dell’avviso in fotocopia in primo grado, circostanza smentita dalle risultanze processuali e, particolarmente, dalla stessa memoria del creditore istante.
3. Con il terzo (Violazione o falsa applicazione dell’art. 15, n. 3, LF; violazione del termine a comparire e violazione del contraddittorio; nullità del ricorso per fallimento e della sentenza del Tribunale e di quella della Corte d’appello), la ricorrente si duole del mancato rispetto dei termini a comparire in udienza con riferimento a quello risultante dal documento postale, pur tardivamente depositato.
3.1. Nella specie, l’atto era stato immesso nella cassetta postale il 13 novembre 2013, sicché la compiuta giacenza dell’atto notificatorio era maturato solo il 23 novembre successivo (ossia dieci giorni dopo l’immissione del piego nella buca postale) ma l’udienza prefallimentare era stata fissata per il giorno 5 dicembre 2013, onde il mancato rispetto del termine dilatorio di 15 giorni previsto dall’art. 15 LF e la conseguente nullità dei provvedimenti successivi.
4.Con il quarto mezzo (Nullità della sentenza), la ricorrente lamenta l’error in procedendo, quale si delineerebbe dalla lettura del verbale di udienza del 20 giugno 2014, dal quale risulta il tardivo deposito della cartolina postale, ed in ragione del quale si dovrebbe accertare la nullità del procedimento di primo grado e della sentenza di fallimento (per il difetto del contraddittorio) nonché del procedimento e della sentenza pronunciata a seguito del reclamo, per la preclusione in ordine al deposito di nuovi documenti.
5. Con il quinto (Violazione o falsa applicazione dell’art. 1 LF; omessa, insufficiente contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia), la ricorrente censura la motivazione della Corte territoriale nella parte in cui ha ritenuto sussistenti i presupposti per la dichiarazione di fallimento della società ricorrente.
5.1. Nella specie, la Corte avrebbe postulato – nel difetto di ogni deduzione della creditrice – l’inattendibilità dei bilanci sulla base del loro tardivo deposito e la prova dell’insolvenza.
6. I primi due motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, in quanto tra di loro strettamente connessi.
6.1. Con essi la ricorrente si duole della irregolarità della notificazione dell’istanza di fallimento e del decreto pronunciato per la sua convocazione innanzi al Tribunale, attestata nella sua completezza (con il deposito della cartolina postale) solo nel corso del giudizio di reclamo, svoltosi innanzi alla Corte territoriale.
6.2. Le doglianze, però, sono palesemente infondate.
6.2.1. Infatti, la produzione in sede di reclamo della prova della regolarità della notifica del ricorso per il suo fallimento, in primo grado, ove anche non compiutamente apprezzata davanti al primo giudice, non è preclusa nel giudizio di riesame poiché l’errore eventualmente compiuto dal giudice di primo grado (il quale si è attenuto ad elementi indiziari discutibili), nell’affermazione della regolare instaurazione del contraddittorio, risulta escluso proprio attraverso la documentazione versata dal creditore istante nella fase del reclamo.
6.2.2. In sostanza, il bene strumentale, costituito dalla regolarità del contraddittorio, per quanto non completamente documentato in prime cure, al punto da dar luogo alla doglianza della parte debitrice intimata, è stato completamente accertato nel giudizio di reclamo, senza che la valutazione contestata, una volta superata, possa dar luogo ad un giudizio invalidante retroattivo.
6.3. Ciò in applicazione del principio di diritto secondo cui “il “reclamo” avverso la sentenza dichiarativa di fallimento ex art. 18 legge fall., come modificato dal d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, che ha ridenominato il precedente istituto dell’”appello”, adeguandolo alla natura camerale dell’intero procedimento, è caratterizzato, per la sua specialità, da un effetto devolutivo pieno. Ne consegue l’inapplicabilità dei limiti previsti dagli artt. 342 e 345 cod. proc. civ. in tema di nuove allegazioni e nuovi mezzi di prova, restando priva di conseguenze processuali la circostanza che la società fallita abbia dedotto solo in tale sede l’insussistenza della propria qualità di imprenditore commerciale.” (Sez. 1, Sentenza n. 6835 del 2014).
7. Il terzo ed il quarto motivo di ricorso vanno esaminati, del pari, congiuntamente, per le stesse ragioni che si sono indicate al § 6.
7.1. Secondo la ricorrente, infatti, quand’anche fosse stata valida ed esistente, la notifica si sarebbe comunque perfezionata tardivamente, ossia solo undici giorni prima dell’udienza anziché quindici, com’è prescritto dalla disposizione di cui all’art. 15 LF; sicché sarebbe nulla la sentenza di fallimento.
7.2. La questione, in ipotesi astrattamente fondata (cfr. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 14814 del 2016), è anzitutto nuova, perché non è stata dedotta in sede di reclamo (né la ricorrente, in questa sede, nel silenziose della sentenza della Corte territoriale dice “se, come, dove e quando” essa sia stata posta) cosicché, in ordine ad essa, si versa in una ipotesi di formazione del giudicato interno sulla regolarità del contraddittorio che è, in diverse forme sanabile, così come questa Corte ha stabilito a proposito delle ipotesi similari (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21957 del 2014; Sez. 2, Sentenza n. 12129 del 2004; Sez. 3, Sentenza n. 17151 del 2002).
7.3. In secondo luogo, la giurisprudenza di questa Corte, costituente vero e proprio diritto vivente, ha da tempo affermato la regola secondo cui “è inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa. ” (per tutte, si richiama Sez. L, Sentenza n. 6330 del 2014).
7.4. I mezzi di cassazione, sono pertanto, inammissibili.
8. Il quinto mezzo pone alla Corte il problema dell’esistenza della prova dei presupposti per la dichiarazione di fallimento della società ricorrente, censurando la conclusione della Corte territoriale che l’avrebbe affermata in ragione della pretesa inattendibilità dei “bilanci relativi agli ultimi tre esercizi” (art. 15, co. IV, LF) per il loro tardivo deposito presso il registro delle imprese.
8.1. Lo scrutinio del mezzo pone il problema della definizione della nozione di “bilancio”, secondo la prospettiva della legge regolativa dell’insolvenza ed in particolare dell’art. 15, IV co., LF.
8.2. Osserva la Corte che il bilancio di esercizio delle società di capitali, per il quale l’art. 2435, 1 co., cod. civ. (richiamato per la società a responsabilità limitata dall’art. 2478-bis, 2 co.) prevede che, entro trenta giorni dall’approvazione, una copia dello stesso (corredata dalle relazioni previste dagli art. 2428 e 2429 e dal verbale di approvazione dell’assemblea o del consiglio di sorveglianza), deve essere depositata, a cura degli amministratori, presso l’ufficio del registro delle imprese o spedita al medesimo ufficio, a mezzo di lettera raccomandata (art. 7 bis, D.Lgs. n. 357 del 1994, convertito, con modificazioni, con L. n. 489 del 1994), o attraverso adempimenti telematici.
8.3. Si tratta, invero, di un adempimento che assolve ad una funzione meramente informativa, o “conoscitiva”, proprio della pubblicità-notizia che, tuttavia, riveste una certa importanza per tutti coloro che vengono a contatto con la società: infatti, l’obbligo di deposito del bilancio risponde all’interesse di ogni utilizzatore del bilancio stesso a conoscere la situazione patrimoniale, finanziaria ed economica della società (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6018 del 1988).
8.4. In considerazione della particolare accentuazione degli aspetti pubblicistici delle procedure concorsuali, com’è del resto espressione proprio la previsione di cui all’art. 15, IV co., LF (secondo cui “in ogni caso, il tribunale dispone che l’imprenditore depositi i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, nonché una situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata; può richiedere eventuali informazioni urgenti.”), deve affermarsi innanzitutto il principio di diritto secondo cui:
“i bilanci degli ultimi tre esercizi che l’imprenditore è tenuto a depositare, ai sensi dell’art. 15, quarto comma, LF, sono quelli approvati e depositati nel registro delle imprese, ai sensi dell’art. 2435 cod. civ.”.
8.5. Infatti, le ragioni di tutela, anche ai fini concorsuali, di coloro che siano venuti in contatto con l’impresa (potendo aver fatto affidamento sulla fallibilità o meno dell’imprenditore in base ai dati di bilancio), fanno sì che l’esame di siffatti documenti contabili, non depositati o non tempestivamente depositati, possa dar luogo a dubbi circa la loro attendibilità, anche in conseguenza delle tempistiche osservate (o non osservate) nell’esecuzione di tali adempimenti formali, sicché – in tali casi – il giudice potrà non tenere conto dei bilanci prodotti, di conseguenza rimanendo l’imprenditore diversamente onerato della prova circa la sussistenza dei requisiti della non fallibilità.
8.6. Nel caso in esame, il giudice di merito, sulla base della mancata prova del tempestivo deposito dei bilanci della società fallita presso il registro delle imprese, ha affermato in linea astratta che il solo fatto della violazione delle norme procedimentali, di per sé, “inficia la capacità (dell’atto) di fornire nel procedimento prefallimentare una prova attendibile dei dati in esso riportati”, senza tener conto della concreta violazione addebitabile alla società debitrice.
8.7. In tal modo, tuttavia, esso è pervenuto ad una affermazione (l’inattendibilità dei documenti prescritti dall’art. 15, IV co., LF) che, considerata la natura dichiarativa della pubblicità di quegli atti, non appare corretta, perché è stata compiuta senza l’accertamento concreto della specifica vicenda oggetto di esame, con riferimento, ad esempio, ai tempi di approvazione e di deposito di quei bilanci, alla vicinanza o lontananza dell’adempimento rispetto alle tempistiche della procedura prefallimentare, ecc.
8.8. Del questo questa Corte ha già avuto modo di avvertire che, “ai fini della prova, da parte dell’imprenditore, della sussistenza dei requisiti di non fallibilità di cui all’art. 1, comma 2, l.fall., i bilanci degli ultimi tre esercizi costituiscono la base documentale imprescindibile, ma non anche una prova legale, sicché, ove ritenuti motivatamente inattendibili dal giudice, l’imprenditore rimane onerato della prova circa la ricorrenza dei requisiti della non fallibilità.” (Sez. 1, Sentenza n. 24548 del 2016).
8.9. Ciò che è appunto mancato nella specie perché, se i dati contenuti nel bilancio non costituiscono una prova legale, come si è detto, neppure si può negare in astratto la loro attendibilità, così come ha fatto il giudice a quo, e ciò sulla base della non risultanza della data del loro deposito nel registro delle imprese, senza uno specifico accertamento ed una conseguente concreta motivazione del perché egli sia giunto a quella conclusione di inattendibilità.
9. Perciò, in accoglimento del quinto motivo di ricorso, la sentenza deve essere cassata con rinvio della causa, anche per le spese di questa fase, alla Corte d’appello di Cagliari in diversa composizione, la quale, nel riesame della controversia, si atterrà al seguente principio di diritto:
“in tema di fallimento, ai fini della prova della sussistenza dei requisiti di non fallibilità di cui all’art. 1, comma secondo, l.fall., i bilanci degli ultimi tre esercizi che l’imprenditore è tenuto a depositare, ai sensi dell’art. 15, quarto comma, l.fall., sono quelli già approvati e depositati nel registro delle imprese, ai sensi dell’art. 2435 c.c.; sicché, ove difettino tali requisiti, o essi non siano ritualmente osservati, il giudice può motivatamente non tenere conto dei bilanci prodotti, rimanendo l’imprenditore onerato della prova circa la sussistenza dei requisiti della non fallibilità.”.

P.Q.M.

Accoglie il quinto motivo del ricorso, respinti i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese di questa fase del giudizio, alla Corte d’appello di Cagliari, in diversa composizione.