Nonostante il diritto alla privacy della madre vada tutelato, al figlio nato da parto anonimo deve essere consentito l’accesso alle informazioni riguardanti l’identità della madre biologica nel momento in cui quest’ultima sia deceduta.
Lo ha precisato la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 3004/2018 (qui sotto allegata), accogliendo il ricorso con cui un uomo, figlio adottivo, aveva chiesto al Tribunale per i Minorenni di accedere alle informazioni riguardanti l’identità dei propri genitori biologici.
Il Tribunale aveva accertato, delle indagini compiute, che il padre era ignoto e la madre deceduta e che quest’ultima, al momento del parto, aveva chiesto di non essere nominata; la domanda dell’uomo era stata dunque rigettata sul rilievo che la morte della madre aveva reso impossibile per il figlio accedere all’identità di costei, non essendo più possibile l’interpello della donna previsto dalla Corte Costituzionale (sent. n. 278/2013) al fine di consentirle, se lo avesse desiderato, di revocare la dichiarazione di non essere nominata.
Anche la Corte d’Appello aveva confermato la decisione di primo grado, ritenendo che la presenza di una norma come l’art. 93, comma 2, del d.lgs. 196/2003 – che consente l’acquisizione dei dati relativi alla propria nascita decorsi cento anni dalla data del parto – avrebbe dimostrato che nell’ottica del legislatore la possibilità di acquisire i dati relativi all’identità del proprio genitore prescinde dalla presenza in vita o dal sopravvenuto decesso del genitore medesimo.
Il figlio, pertanto, è ricorso in Cassazione, ove le doglianze dello stesso hanno trovato accoglimento, essendosi affermato che, in caso di parto anonimo ed a seguito della morte della madre, sussiste il diritto del figlio di conoscere le proprie origini biologiche mediante accesso alle informazioni relative all’identità personale della donna: secondo la Corte, infatti, non può considerarsi operativo oltre il limite della vita della madre che ha partorito in anonimo il termine previsto dal menzionato art. 93 (ossia cento anni dal parto), poiché – a voler ritenere diversamente – si determinerebbe in concreto la cristallizzazione di tale scelta anche dopo la sua morte e, quindi, la definitiva perdita per il figlio del diritto fondamentale di conoscere le proprie origini, in evidente contrasto con la reversibilità del segreto (sancita dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 278/2013).
Il ricorso del figlio è stato pertanto accolto e, decidendo nel merito, la Corte ha autorizzato il ricorrente ad accedere alle informazioni relative all’identità della propria madre biologica defunta.
Cassazione Civile, 07.02.2018, n. 3004
Cassazione Civile, 07-02-2018, n. 3004