Qualora il genitore pubblichi assiduamente foto e commenti sui social network relativi al figlio e diffonda on line dettagli della vita familiare e tale condotta risulti pregiudizievole per il minore, tanto da determinarlo a volersi allontanare da un contesto sociale diventato intollerabile, il Giudice può imporre al genitore medesimo il divieto di tenere siffatte condotte, condannandolo al pagamento di una somma di denaro a fronte dell’eventuale inottemperanza.
Così si è espresso il Tribunale di Roma con l’ordinanza del 23.12.2017 a fronte della richiesta del tutore di un minore all’autorizzazione per l’iscrizione del ragazzo ad un istituto scolastico estero individuato dal padre, sospeso (così come la madre) dalla responsabilità genitoriale.
Dopo aver ripercorso la vicenda personale e processuale, il Giudice ha evidenziato la fermezza della volontà del figlio – risultante da diversi elementi probatori acquisiti in giudizio – di proseguire il proprio percorso di studi negli Stati Uniti, desiderio alimentato dalle eccessive pressioni che egli subiva in Italia a causa della continua diffusione tramite social network (in particolare ad opera della madre) di informazioni dettagliate sulla sua storia familiare e sulle controversie giudiziarie in cui è implicato. A causa di ciò il minore si era ritrovato in un contesto sociale intollerabile, che ha determinato il Tribunale ad accogliere la richiesta del tutore di iscrizione alla scuola statunitense a spese di entrambi i genitori.
In tale sede, il Giudice ha altresì ordinato alla madre, a tutela del minore, l’immediata cessazione della diffusione in social network di immagini, notizie e dettagli relativi al figlio, condannandola, in caso di inottemperanza, al pagamento di una somma di denaro ai sensi dell’art. 614-bis c.p.c. (c.d. “astreinte”).
Il Tribunale ha chiarito che la facoltà di adottare tale misura di coercizione indiretta discende dai principi generali dell’ordinamento fondati sulla necessità di tutela del figlio minore e sui poteri d’ufficio riconosciuti al Giudice in tale materia: l’astreinte può, infatti, «essere disposta d’ufficio a maggior garanzia dell’interesse del figlio e, in quanto collegato a questo, dell’interesse del genitore a cui spetta pretendere il rispetto di quegli obblighi».
Tribunale di Roma, 23.12.2017
Tribunale di Roma, 23-12-2017