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Il genitore non può imporre al figlio la propria religione

Se il figlio manifesta disagio e disappunto nell’aderire alle celebrazioni della nuova religione del genitore, quest’ultimo non può imporre al minore di parteciparvi; l’imposizione del proprio credo, infatti, potrebbe compromettere la crescita psico-emotiva del figlio, sì da giustificare provvedimenti restrittivi delle modalità di affidamento da parte dei genitori.

A stabilirlo è stata la Corte di Cassazione con una recentissima sentenza, qui sotto allegata, con la quale ha respinto il ricorso di un padre, al quale il Tribunale e la Corte d’Appello avevano inibito di condurre con sé la figlia agli incontri e alle manifestazioni dei Testimoni di Geova, poiché ritenuti pregiudizievoli a quest’ultima. In particolare, la Corte d’Appello aveva rilevato come, dall’ascolto della minore e della consulenza tecnica psicologica espletata, fosse chiaramente emerso il disappunto ed il disagio della figlia poiché costretta a distanziarsi dalla religione cattolica che condivideva con il proprio gruppo di amiche ed alla quale era sempre stata educata.

Il padre ha presentato ricorso in Cassazione avverso la pronuncia della Corte d’Appello lamentando di essere stato limitato nel suo diritto a far conoscere alla figlia la sua nuova religione nonostante la mancanza di prove concrete in ordine all’asserito pregiudizio che la partecipazione alle predette manifestazioni avrebbe comportato alla bambina. Egli, inoltre, ha evidenziato come i precedenti Giudici avrebbero erroneamente circoscritto la propria indagine alla sola religione paterna, senza analizzare quella della moglie; atteggiamento che – a detta dell’uomo – sarebbe stato sintomo di giudizi generalizzati e discriminatori contro il suo credo.

La Corte di Cassazione ha ribadito che il criterio fondamentale per regolare le modalità di affidamento dei figli minori può essere soltanto il preminente diritto degli stessi ad una crescita sana ed equilibrata, tanto da giustificare l’adozione di  provvedimenti contenitivi e restrittivi qualora esteriorizzazioni del genitore pregiudichino, in qualche modo, la saluta psico-fisica dei figli.

Premesso ciò, la Suprema Corte ha ritenuto pienamente condivisibili le conclusioni a cui era addivenuta la Corte d’Appello, sulla base della consulenza tecnica che aveva rilevato un disagio psico-emotivo della bambina conseguente all’imposizione religiosa del padre.

Il ricorso è stato pertanto rigettato.

Cassazione Civile, 24.05.2018, n. 12954

Cassazione Civile, 24-05-2018, n. 12954