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La ex perde il cognome del marito con il divorzio

La Corte di Cassazione, con una ordinanza dello scorso 12 febbraio, ha rigettato il ricorso di una ex moglie che pretendeva, a seguito del divorzio dal marito, di mantenere il cognome di quest’ultimo, invocando esigenze di identità sociale e di vita relazionale strettamente connesse all’uso del cognome maritale.

In particolare, nel coso del giudizio di divorzio avanti il Tribunale, la donna aveva evidenziato come durante i 7 anni di fidanzamento ed i 16 anni di matrimonio si fosse costruita una identità personale nell’ambiente sociale di riferimento strettamente legata al nome dell’ex marito; contestualmente la donna aveva rilevato come risultasse conforme anche all’interesse della figlia minore che la madre mantenesse il cognome maritale, osservando come una contraria determinazione avrebbe potuto provocare disagio alla prole nell’ambito scolastico nel quale la madre aveva sempre speso il cognome del marito.

Il Tribunale – e così pure successivamente la Corte d’Appello – aveva rigettato la richiesta della donna non ravvisando un interesse “straordinario” meritevole di tutela dell’ex moglie di continuare a mantenere il cognome maritale, così come richiesto dalla legge divorzile.

La Corte di Cassazione, adita su ricorso della donna, ha affermato che “la conservazione del cognome del marito, accanto al proprio, dopo il divorzio, è da considerarsi una ipotesi straordinaria affidata alla decisione discrezionale del giudice secondo criteri che non possono coincidere con il mero desiderio di conservare come tratto identitario il riferimento a una relazione familiare ormai chiusa quanto alla sua rilevanza giuridica”.

Secondo la Suprema Corte, dunque, i Giudici dei gradi di giudizio precedenti avevano applicato correttamente tale principio, non potendosi qualificare come “interesse meritevole di tutela” la mera necessità di conservazione e/o affermazione delle notorietà derivata alla donna dal cognome dell’ex marito nelle frequentazioni sociali.

Cassazione Civile, 12.02.2020, n. 3454

Cassazione Civile,12-02-2020, n. 3454