La sospensione della prescrizione tra coniugi ex art. 2941, n. 1, c.c. non trova applicazione al credito dovuto per l’assegno di mantenimento, poiché in caso di crisi evidente della coppia non è configurabile la remora di un coniuge a citare in giudizio l’altro nel timore di turbare l’armonia familiare.
È la precisazione operata dalla Cassazione in un caso in cui un marito si era opposto al precetto notificatogli dalla moglie separata perché costui, pur avendo provveduto al pagamento dell’assegno di mantenimento, non lo aveva integrato con la rivalutazione; egli aveva dedotto l’intervenuta prescrizione del credito. Il Tribunale, tuttavia, aveva respinto l’opposizione ritenendo che la prescrizione fosse rimasta sospesa per effetto del perdurante vincolo matrimoniale. L’appello successivamente proposto dal marito era stato accolto solo in parte, talchè costui è ricorso in Cassazione, sostenendo che la prescrizione del credito derivante dal mantenimento al coniuge separato non si sospende.
La Suprema Corte ha ritenuto fondate le censure dell’uomo, richiamando le precedenti pronunce secondo cui “la sospensione della prescrizione tra i coniugi di cui all’art. 2941, n. 1 cod. civ. non trova applicazione al credito dovuto per l’assegno al mantenimento previsto nel caso di separazione personale, dovendo prevalere sul criterio ermeneutico letterale un’interpretazione conforme alla ratio legis, da individuarsi tenuto conto dell’evoluzione della normativa e della coscienza sociale e, quindi della valorizzazione delle posizioni individuali dei membri della famiglia rispetto alla conservazione dell’unità familiare e della tendenziale equiparazione del regime di prescrizione dei diritti post matrimoniali e delle azioni esercitate tra coniugi separati”.
La Corte ha precisato che, infatti, nel regime di separazione non può ritenersi sussistente la remora a convenire in giudizio il coniuge, collegata al timore di turbare l’armonia familiare, poiché è già subentrata la crisi conclamata e sono già state esperite le relative azioni giudiziarie, con la conseguente cessazione della convivenza, il venir meno della presunzione di paternità di cui all’art. 232 cod. civ. e la sospensione degli obblighi di fedeltà e di collaborazione.
Il ricorso dell’uomo è pertanto stato accolto.
Cassazione Civile, 14.12.2018, n. 32524
Cassazione Civile,14-12-2018, n. 32524