La violazione del diritto di visita dei figli non autorizza il coniuge obbligato a sospendere la corresponsione dell’assegno di mantenimento.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 21688/2017, con la quale ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo con la quale era stato condannato al risarcimento dei danni per la mancata contribuzione alla vita familiare dal 1986 al 2002.
Egli aveva affermato di aver sospeso l’assegno di mantenimento perché la madre non gli consentiva di vedere le sue due figlie ed aveva rilevato che nel complesso le stesse gli avevano fatto mancare l’affetto dovuto ad un marito e ad un padre, in quanto tutte e tre “lo avevano in odio». In particolare, nel ricorso, l’uomo aveva sostenuto che la Corte d’Appello, nel confermare la sua condanna al risarcimento del danno, non avrebbe tenuto conto del fatto che egli non era venuto meno all’obbligo di pagamento al coniuge ed alle figlie dell’assegno, ma si era limitato a sospendere il proprio adempimento nel vano tentativo di indurre l’allora coniuge a non impedirgli di frequentare e vedere le sue figlie.
La Suprema corte, tuttavia, ha osservato che «l’obbligo del coniuge separato di consentire la visita dei figli all’ex marito, e l’obbligo di quest’ultimo di corrispondere l’assegno di mantenimento, non vi è alcun sinallagma, di talché è arbitraria, e non idonea a far venir meno il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, la “sospensione” dell’assegno divorzile, adottata unilateralmente quale strumento di coazione indiretta per indurre l’ex coniuge al rispetto degli impegni concernenti la frequentazione dei figli».
Il padre, inoltre, aveva sostenuto di aver correttamente adempiuto, sia pure in esito ad un giudizio penale, a tutti i propri obblighi nei confronti della ex moglie e delle figlie, «sicché non residuava alcun danno risarcibile in favore di queste ultime».
Nel dichiarare inammissibile anche questo motivo la Cassazione ha rammentato che la Corte d’Appello aveva ritenuto sussistente un pregiudizio non patrimoniale, per cui a nulla rilevava la circostanza che il convenuto avesse adempiuto – seppur tardivamente – ai propri obblighi di mantenimento: infatti – ha proseguito la Corte – siffatto adempimento tardivo avrebbe potuto escludere l’esistenza di un danno patrimoniale, ma non certo quella di un danno non patrimoniale, certamente patito dalle dalla madre e dalle figlie nel periodo di tempo intercorso tra la sospensione del pagamento dell’assegno divorzile ed il tardivo adempimento della relativa obbligazione.
Cassazione Civile, 19.09.2017, n. 21688
Cassazione Civile, 19-09-2017, n. 21688