All’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge deve attribuirsi, oltre che una natura assistenziale, anche natura perequativo – compensativa, che conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente il raggiungimento, in concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare.
La Cassazione prosegue nel fare applicazione dei principi sanciti ormai più di un anno fa dalle Sezioni Unite in tema di divorzio (Cassazione Civile, Sez. Un., 11.07.2018 n. 18287).
Nella vicenda di recente esaminata e decisa con la sentenza del 30.10.2019 n. 27771, all’esito del giudizio di divorzio un marito era stato onerato di pagare in favore della ex moglie un assegno divorzile di 3.500 euro, poi ridotto a 2.500,00 euro in grado di appello.
Entrambi i coniugi hanno in seguito contestato tale decisione innanzi alla Cassazione: il marito ha lamentato, tra l’altro, il mancato esame della produzione documentale relativa ai redditi della moglie, mentre quest’ultima ha dedotto l’errata applicazione dei criteri per il riconoscimento e la determinazione dell’assegno divorzile in suo favore.
Nell’esaminare la vicenda, la Suprema Corte ha rammentato come, alla luce della nuova giurisprudenza in materia, all’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge debba attribuirsi una funzione assistenziale e in pari misura compensativa e perequativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente, non già il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare.
Nell’accertamento in merito alla sussistenza o meno del diritto all’emolumento, ha ribadito altresì la Corte, il Giudice deve effettuare una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto; si tiene conto, in particolare, delle aspettative professionali, delle potenzialità e delle aspirazioni lavorative sacrificate per dedicarsi alla cura del nucleo familiare.
In applicazione di quanto sopra, la Cassazione ha ritenuto fondate le doglianze di entrambi i coniugi ed ha cassato la sentenza impugnata, rinviando alla Corte d’Appello di Milano affinché rivaluti il materiale probatorio concernente la capacità reddituale ed economica delle parti alla luce dei principi espressi dalle Sezioni Unite della Cassazione.
Cassazione Civile, 30.10.2019, n. 27771
Cassazione Civile, 30-10-2019, n. 27771