Il principio di bigenitorialità rappresenta il diritto di ciascun genitore di essere significativamente presente nella vita del figlio, ma non comporta l’applicazione di una precisa proporzione matematica in termini di parità dei tempi di frequentazione del minore.
Sul tema si è pronunciata la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 31902/18, depositata il 10 dicembre, in un caso in cui un padre aveva proposto ricorso per cassazione avverso il decreto con il quale la Corte di Appello, avendo accertato l’esistenza di una grave conflittualità tra i genitori, alimentata da una competitività esasperata, in riforma della decisione di primo grado, aveva disposto l’affido della figlia minore ai Servizi Sociali competenti per l’assunzione delle decisioni più importanti afferenti la salute, la scuola, l’attività sportiva della minore, sentiti i genitori, riservando a questi ultimi l’assunzione delle decisioni afferenti alla vita quotidiana, fermo il collocamento prevalente presso la madre. In particolare, l’uomo ha censurato la decisione di secondo grado che, modificando la regolamentazione del diritto di vista paterno, aveva ridotto il pernotto infrasettimanale presso il padre.
La Cassazione ha ritenuto il motivo formulato inammissibile perché, pur prospettando una violazione di legge, sollecitava inammissibilmente una rivalutazione delle emergenze istruttorie con esito favorevole per il ricorrente.
Tuttavia, ha con l’occasione precisato che il principio di bigenitorialità si traduce nel diritto di ciascun genitore ad essere presente in maniera significativa nella vita del figlio nel reciproco interesse, ma ciò non comporta l’applicazione di una proporzione matematica in termini di parità dei tempi di frequentazione del minore in quanto l’esercizio del diritto deve essere armonizzato in concreto con le complessive esigenze di vita del figlio e dell’altro genitore, giacché “In tema di affidamento dei figli minori, il giudizio prognostico che il giudice, nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole, deve operare circa le capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell’unione, va formulato tenendo conto, in base ad elementi concreti, del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore, fermo restando, in ogni caso, il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione ed istruzione”.
Cassazione Civile, 10.12.2018, n. 31902
Cassazione Civile, 10-12-2018, n. 31902