Il credito derivante dal contributo al mantenimento dovuto da un coniuge, avendo carattere sostanzialmente alimentare, non è disponibile; ne consegue che non può neppure essere opposto in compensazione con un diverso credito per il quale l’altro coniuge risulti debitore.
La Cassazione ha espresso tale indirizzo interpretativo in tema di compensazione, in un caso che traeva origine dalla opposizione promossa da una moglie avverso il precetto notificatole dal marito relativo al pagamento di spese di lite: la donna aveva opposto in compensazione un proprio credito derivante da alcuni assegni di mantenimento in favore suo e delle figlie, che l’uomo non aveva pagato; tuttavia, secondo il Tribunale, il credito della moglie era precedente al sorgere del credito posto in esecuzione dal marito con il precetto e, pertanto, aveva rigettato l’opposizione.
Su impugnazione della moglie, la Corte d’Appello aveva confermava il rigetto dell’opposizione, ma per altro motivo: in secondo grado si era affermato che il credito in compensazione «non fosse né certo né liquido né esigibile», in quanto derivante dal mancato pagamento di assegni di mantenimento da parte dell’ex coniuge dovuto sia alla stessa donna che alle figlie, mentre ad avviso della Corte d’Appello la moglie avrebbe dovuto opporre in compensazione un credito esclusivamente proprio.
Impugnata anche tale ultima decisione, la Cassazione ha ritenuto infondate le doglianze della ricorrente, evidenziando che «il carattere sostanzialmente alimentare dell’assegno di mantenimento a beneficio dei figli, in regime di separazione, comporta la non operatività della compensazione del suo importo con altri crediti», essendo un credito né disponibile né rinunciabile.
Nel caso concreto, peraltro, la Corte d’Appello aveva accertato, con una valutazione di fatto non sindacabile dalla Cassazione, che il credito che il coniuge intendeva opporre in compensazione non fosse né certo, né liquido, né esigibile, non essendo chiaro quanto mantenimento fosse correlato esclusivamente alla ricorrente e quanto fosse riservato alle figlie.
Alla luce di tali considerazioni, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso della donna.
Cassazione Civile, 14.05.2018, n. 11689
Cassazione Civile, 14-05-2018, n. 11689