Qualora la volontà del minore sia contraria a rientrare nel proprio Paese di origine, tale da determinare un danno psichico, il Giudice può derogare al principio generale del rientro immediato presso la residenza abituale e disporre che il minore rimanga in Italia.
È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con la recente ordinanza n. 29118/2017 qui sotto allegata.
Nella fattispecie esaminata, il Tribunale dei minorenni aveva respinto la richiesta della madre di ordinare il rientro del figlio minore in Giappone, Paese nel quale quest’ultimo aveva vissuto negl’ultimi cinque anni, prima di partire con il padre per trascorrere il periodo estivo in Italia per non esservi in seguito più riaccompagnato.
Nel respingere la domanda, il Giudice minorile aveva rilevato, da un lato, i forti legami del minore con l’Italia e la famiglia paterna (in particolare con gli zii, grazie anche a lunghi periodi estivi con loro trascorsi) e, dall’altro, il manifesto desiderio del figlio di rimanere in Italia rifiutandosi di tornare in Giappone (ove lamentava gravi difficoltà di inserimento nell’ambiente scolastico, rispetto alle quali non si sentiva adeguatamente supportato dalla madre). Sulla base di ciò il Tribunale, pur qualificando come illegittima la sottrazione del minore da parte del padre, aveva ritenuto di non disporne il rimpatrio.
La madre ha dunque presentato ricorso in Cassazione lamentando, in primo luogo, come il Tribunale avesse fondato la propria decisione sulla sola opposizione al rientro in Giappone da parte del minore, omettendo una valutazione circa il grado di maturità e discernimento dello stesso, ed, in secondo luogo, la mancata dimostrazione del concreto rischio psicologico in caso di rientro del figlio.
La Suprema Corte, pronunciandosi sul ricorso, ha affermato che l’opinione espressa dal minore, contraria al rimpatrio, può essere un elemento tale da consolidare il convincimento del giudice circa la sulla sussistenza di un pregiudizio psichico, quale causa autonoma e sufficiente di deroga al principio generale del rientro immediato; a tal fine, l’accertamento circa la capacità di discernimento del minore – ha precisato la Corte – rientra nell’insindacabile giudizio del Tribunale specializzato senza che sussista alcun obbligo di disporre di specifici mezzi di accertamento.
La Corte ha evidenziato come, nel caso concreto esaminato, il rischio di danno psicologico in caso di rimpatrio fosse stato confermato nel corso del giudizio di merito anche dai Servizi Sociali e dalla consulenza tecnica d’ufficio espletata, oltre che dalle dichiarazioni del minore stesso.
Anche il ricorso in cassazione della madre è pertanto stato respinto, venendo così assecondando il desiderio del minore di rimanere in Italia con il padre.
Cassazione Civile, Sez. I, 05.12.2017, n. 29118
Cassazione Civile, 05-12-2017, n. 29118