La condizione di disoccupato del coniuge richiedente l’assegno divorzile non è di per sé sufficiente, in relazione alla capacità di lavoro e all’età, per ottenere il mantenimento.
Tale condizione, infatti secondo il Collegio, non è sufficiente a fondare l’onere contributivo di controparte, poichè alla cessazione degli effetti civili dell’unione corrisponde il venir meno anche dei legami patrimoniali.
Per ottenere l’assegno divorzile, la donna avrebbe dovuto provare lo squilibrio a suo svantaggio rispetto all’assetto di rapporti antecedente lo scioglimento del matrimonio. Ciononostante, nel caso di specie tale prova non risulta fornita.
Lo status di disoccupata, infatti, non vale di per sé a giustificare l’onere a carico dell’ex, in quanto bisogna tener conto di altri fattori ad esempio l’età e le capacità di lavoro che consentirebbero di trovarsi un’occupazione.
Nella sentenza i giudici fanno esplicito richiamo alla pronuncia degli ermellini (Rivoluzione in Cassazione) affermando che «anche alla luce del più recente orientamento della Suprema Corte, deve ribadirsi che il rapporto matrimoniale, con il divorzio, si estingue definitivamente sul piano dello status personale dei coniugi che tornano persone singole sicché vengono a cessare anche tutti i rapporti patrimoniali tra di loro basati sul principio di solidarietà che, pur non venendo meno nella fase della separazione, si interrompono completamente in quello di divorzio. Il matrimonio, dunque – si legge nella sentenza – non può essere considerato la strada per una sistemazione definitiva, ed è soltanto un’unione di affetti, per cui ove cessano questi ultimi, si interrompono anche i legami patrimoniali. In quest’ottica – concludono i giudici – chi richiede l’assegno divorzile, dovrà dimostrare di non essere in grado di potersi procurare, per ragioni che non dipendono dalla sua volontà, mezzi adeguati al raggiungimento dell’autonomia economica.
Corte d’Appello di Salerno, n. 27/2017.