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Niente assegno divorzile alla ex che rifiuta di lavorare

Nel riconoscimento di un assegno divorzile, il giudice deve tener conto anche dell’effettiva possibilità del coniuge richiedente a svolgere un’attività lavorativa retribuita; pertanto non ne ha diritto la moglie che, con figli ormai grandi, si rifiuta di cercare un lavoro ovvero non accetta proposte d’impiego.

La Corte di Cassazione ha ribadito tale principio in seguito al ricorso di un uomo a carico del quale il Tribunale prima e la Corte d’Appello poi avevano posto l’assegno di mantenimento per i due figli e un assegno divorzile in favore della moglie. Egli ha contestato che i giudici di merito avrebbero omesso di di esaminare alcune circostanze decisive ai fini della sua richiesta di diminuzione dell’assegno divorzile ed, in particolare, l’inerzia della ex moglie nella ricerca di un impiego ed il rifiuto dalla medesima opposto ad una concreta opportunità lavorativa che le si era presentata.

La Suprema Corte ha ritenuto fondate tali doglianze, rilevando che – ai fini dell’attribuzione e della quantificazione dell’assegno divorzile – risulta decisiva la prova di condotte analoghe a quelle allegate dal ricorrente, riguardanti il mancato reperimento da parte del coniuge di un’entrata economica frutto della propria individuale attività lavorativa.

Ciò in conformità ad un consolidato principio giurisprudenziale, secondo cui deve trovare adeguata considerazione, nella decisione del giudice del merito, l’attitudine a procurarsi un reddito da lavoro (insieme ad ogni altra situazione suscettibile di valutazione economica) da parte del coniuge che pretenda l’assegno divorzile a carico dell’altro, tenendo quindi conto della effettiva possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale ed ambientale, pur senza che assumano rilievo mere situazioni astratte o ipotetiche.

Nel caso esaminato dalla Corte, peraltro, i figli erano ormai grandi (nati nel 1998 e nel 2000) e non necessitavano pertanto della costanze presenza fisica di un adulto.

La Cassazione ha ritenuto che sul punto la Corte d’Appello non si sia pronunciata con adeguata motivazione ed ha dunque cassato il provvedimento impugnato con rinvio al giudice di merito, che dovrà ripronunciarsi sulla fattispecie alla luce dei richiamati principi, disponendo sulla riduzione o soppressione dell’assegno divorzile alla moglie tenuto conto della sua capacita lavorativa e del rifiuto, ove ritenuto provato della medesima, rispetto ad occasioni di lavoro concretamente presentatesi.

Cassazione Civile, 27.10.2017, n. 25697

Cassazione civile, 27-10-2017, n. 25697