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Niente assegno di divorzio alla moglie che si è sempre occupata dei figli

Ai fini del riconoscimento dell’assegno di divorzio rileva esclusivamente la mancanza di autosufficienza economica dell’ex moglie, mentre il contributo personale dato alla cura e all’educazione dei figli ha rilevanza solo per la quantificazione del contributo.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso di un marito che si era visto condannare dal Tribunale – provvedimento confermato poi in sede di appello – alla corresponsione in favore della moglie di un assegno divorzile.

Egli si è dunque rivolto alla Suprema Corte, lamentando che la Corte d’Appello avrebbe errato nel riconoscere alla ex moglie un assegno in ragione di “vaghe finalità compensative“, senza che fosse – a suo dire – stata dimostrata la cura e l’educazione dei figli verso i quali la donna si sarebbe prodigata durante la vita matrimoniale; addirittura, secondo l’uomo, sarebbe stato vero il contrario.

Tali doglianze sono state ritenute fondate dalla Corte, che ha ribadito come il diritto all’assegno di divorzio non debba essere riconosciuto in ragione della inadeguatezza dei mezzi a disposizione dell’ex coniuge a conservare un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio. Da circa un anno, infatti, la Cassazione ha chiarito come esso presupponga una verifica giudiziale da articolarsi necessariamente in due fasi, progressive e tra loro nettamente distinte: la prima, quella dell’an debeatur, ha come oggetto esclusivamente l’accertamento della sussistenza o meno del diritto all’assegno, in relazione all’indipendenza o autosufficienza economica del coniuge richiedente; la seconda fase, riguardante il quantum debeatur, che investe soltanto la determinazione dell’importo dell’assegno stesso ed avviene sulla base di una serie di criteri previsti dalla legge, tra i quali risulta anche il contributo personale ed economico dato dalla conduzione familiare del coniuge richiedente l’assegno.

Alla luce di tali principi, ad avviso della Cassazione, la Corte d’Appello ha errato ritenendo rilevante ai fini della sussistenza del diritto al mantenimento (e non solo ai fini della sua quantificazione) la circostanza – peraltro non dimostrata – che la moglie si fosse sempre dedicata alla cura e all’educazione dei figli.

Poiché era altresì emerso che la donna non si trovasse neppure in una condizione di non autosufficienza economica tale da giustificare l’attribuzione dell’assegno in suo favore, la Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’uomo ed eliminato l’obbligo a suo carico di versare un assegno divorzile alla ex moglie.

Cassazione Civile, 16.03.2018, n. 6663

Cassazione Civile, 16-03-2018, n. 6663