Il figlio maggiorenne, se pur non ancora del tutto economicamente autosufficiente, perde il diritto ad essere mantenuto dai genitori se ha maturato una capacità lavorativa adeguata agli studi condotti che gli permetta uno stabile inserimento nel mondo del lavoro.
Il Tribunale di Brescia ha recentemente ribadito principi granitici della Giurisprudenza di merito e di legittimità in tema di mantenimento del figlio maggiorenne e lo ha fatto con un decreto emesso lo scorso 19 gennaio a definizione di un procedimento per la modifica delle condizioni di divorzio azionato da un padre che aveva chiesto la revoca dell’obbligo di versare € 200,00 al mese a titolo di contribuzione al mantenimento dei figli maggiorenni, l’uno di anni 27 e l’altro di 23.
L’uomo, a fondamento della propria domanda, aveva evidenziato, da un lato, il peggioramento della propria condizione economica e, dall’altro lato, la raggiunta autosufficienza economica da parte dei figli a fronte dell’impiego degli stessi presso l’impresa materna di acconciature.
Si era dunque costituita la madre che, pur non contestando la collaborazione dei figli in qualità di coadiuvanti presso la propria impresa, aveva tuttavia precisato che gli stessi non avevano ancora conseguito il titolo abilitativo all’esercizio di acconciatore e che pertanto, pur se inseriti nel contesto lavorativo, non erano assunti alle sue dipendenze.
Il Collegio, nell’istruire la causa, ha dunque disposto accertamenti ed ordinato ispezioni presso l’Agenzia delle Entrate e presso l’Inps, al fine di ricostruire la situazione reddituale dei due figli.
All’esito delle indagini finanziarie è chiaramente emerso che i due ragazzi non percepivano una retribuzione da lavoro dipendente e godevano di una posizione contributiva in qualità di coadiuvanti dell’azienda materna, a conferma di quanto precedentemente affermato dalla madre.
Tuttavia, il Tribunale di Brescia ha ritenuto che i due ragazzi, seppur non retribuiti come lavoratori dipendenti, avessero comunque maturato una capacità lavorativa adeguata agli studi condotti e fossero stati messi nella condizione di mettere a frutto le esperienze formative maturate proprio presso l’impresa di famiglia.
A tal riguardo, il Tribunale ha richiamato un principio giurisprudenziale pacificamente consolidato in materia, a mente del quale “il raggiungimento dell’indipendenza economica del figli non coincide con l’instaurazione effettiva di un rapporto di lavoro giuridicamente stabile, ma con il verificarsi di una situazione tale che fa ragionevolmente dedurre l’acquisto di una capacità lavorativa adeguata agli studi dagli stessi espletati”.
Tenuto conto di tale principio e degli elementi emersi nel corso del giudizio nel caso di specie, il Tribunale ha accolto la domanda del padre e revocato l’obbligo dello stesso di contribuire al mantenimento dei due ragazzi.
Tribunale di Brescia, 09.01.2020, n. 274
Tribunale di Brescia, 9-01-2020, n. 274