In tema di opposizione allo stato passivo non sono ammesse in prededuzione le spese sostenute dal creditore istante nel giudizio di opposizione alla dichiarazione di fallimento, poiché non strettamente inerenti alle esigenze di amministrazione del fallimento.
È quanto previsto dalla Corte di Cassazione con una ordinanza dello scorso 11 settembre, con la quale ha rigettato il ricorso di un creditore istante che aveva chiesto l’ammissione al passivo del fallimento in prededuzione per un credito avente ad oggetto le spese legali sostenute nel giudizio di opposizione al fallimento.
In particolare, il Tribunale e la Corte d’Appello avevano rigettato la domanda del creditore, evidenziando come l’istanza riguardasse crediti sorti successivamente alla dichiarazione di fallimento ed, in quanto tali, non aventi natura privilegiata.
La Corte di Cassazione, adita su ricorso del creditore, ha ribadito un principio giurisprudenziale oramai consolidato in materia fallimentare, secondo il quale “non sono ammesse in prededuzione le spese sostenute dal creditore istante nel giudizio di opposizione alla dichiarazione di fallimento, senza che assuma rilievo la sua qualità di litisconsorte necessario, non potendosi desumere da essa l’inerenza delle spese sostenute all’amministrazione del fallimento o alla sua conservazione”.
La Suprema Corte ha sottolineato che il creditore, litisconsorte necessario, ha uno specifico interesse a resistere nella causa di opposizione al fallimento, dal momento che l’eventuale revoca della sentenza potrebbe integrare un motivo di responsabilità a suo carico; di talché le spese sostenute dal creditore nel predetto giudizio non possono ritenersi strettamente inerenti alle esigenze dell’amministrazione del fallimento e, pertanto, non hanno carattere prededucibile.
Oltre a ciò, la Cassazione ha pure confermato la natura non privilegiata dell’anzidetto credito, in quanto sorto successivamente all’apertura del concorso dei creditori e pertanto inidoneo ad integrare un credito concorsuale.
La Corte ha dunque confermato quanto deciso nei gradi di giudizio precedenti.
Cassazione Civile, 11.09.2019, n. 22725
Cassazione Civile, 11-09-2019, n. 22725