Ai fini del riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità, il coniuge separato per colpa o con addebito va equiparato in tutto al coniuge superstite, separato o non separato.
La Corte di Cassazione ha espresso tale principio con la recente ordinanza n. 2606/2018, accogliendo il ricorso di una vedova separata con addebito, la quale in primo grado si era vista riconoscere il diritto a percepire la pensione di reversibilità del marito, mentre innanzi alla Corte d’Appello aveva visto negato detto diritto in quanto non beneficiaria, al momento del decesso del coniuge, di un assegno di mantenimento.
La donna, dunque, ha fatto ricorso in Cassazione avverso la sentenza d’appello, richiamandosi ad un meno recente orientamento della Corte Costituzionale.
La Suprema Corte ha ritenuto fondate le doglianze della donna, evidenziando che, dopo la riforma dell’istituto della separazione personale, non è più possibile trattare in maniera differente il coniuge superstite separato in ragione del titolo della separazione e, quindi, non è più giustificabile negare al coniuge cui è stata addebitata la separazione o al coniuge separato per colpa una tutela che assicuri la continuità dei mezzi di sostentamento che il defunto sarebbe stato tenuto a fornirgli.
Oltretutto, ha sottolineato la Corte, la ratio della tutela previdenziale della pensione di reversibilità è quella di porre il coniuge superstite al riparo dall’eventualità dello stato di bisogno, senza che tale stato di bisogno divenga concreto presupposto e condizione della tutela medesima; e ciò indipendentemente dalla causa della separazione.
Cassazione Civile, 02.02.2018, n. 2606
Cassazione Civile, 02-02-2018, n. 2606