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Protezione internazionale in Italia per lo straniero omosessuale

L’accusa di omosessualità da parte del Paese d’origine, che rende attuale il rischio di persecuzione o di danno grave alla persona in relazione alle conseguenze possibili previste dall’ordinamento straniero, legittima la concessione della protezione internazionale in Italia.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione in una recentissima sentenza del 6 febbraio 2018 n. 2875.

Nella fattispecie esaminata la Corte d’appello di Bologna accoglieva il gravame del Ministero dell’Interno e rigettava la domanda di riconoscimento di protezione internazionale di un uomo straniero accusato di controtendenza politica ed omosessualità. La Corte, infatti, riteneva insussistenti i rischi  di incolumità e pregiudizio dedotti, rilevando che l’asserita omosessualità non fosse provata (essendo l’uomo sposato con un figlio) e che neppure fosse provata la sua opposizione al regime dittatoriale.

Avverso tale sentenza, lo straniero presentava ricorso in Cassazione deducendo l’erronea valutazione dei fatti e dei rischi documentati connessi al rientro forzato in Gambia (Paese d’origine). Il ricorrente denunciava altresì l’omessa indagine sulle reali condizioni di pericolo esistenti in Gambia, paese sottoposto ad una dittatura legittimante la violenza, la tortura ed i trattamenti inumani stabilendo, peraltro, pene gravissime per l’omosessualità, considerata reato.

Orbene, la Suprema Corte ha considerato tali doglianze fondate ed ha evidenziato l’errore in cui è incorsa la Corte d’Appello nell’esaminare nel merito esclusivamente la fondatezza dei fatti e delle accuse rivolte dal Paese d’origine. La Corte di Cassazione, infatti, ha affermato che è irrilevante che i fatti contestati siano veri o meno o che le accuse mosse siano fondate; ciò che rileva, invece, è “la sussistenza di queste accuse che rende attuale il rischio di persecuzione o di danno grave, in relazione alle conseguenze possibili secondo l’orientamento straniero”.

Secondo la Suprema Corte, soffermandosi esclusivamente sul dimostrare l’infondatezza della accuse rivolte al ricorrente, la Corte di merito ha minimizzato il rischio che il richiedente, in caso di rientro forzato, sarebbe sottoposto alle gravissime pene previste per l’omosessualità e l’opposizione al regime, in conseguenza alla forte compromissione dei diritti umani e civili di fatto presente in Gambia.

La Suprema Corte, nell’accogliere il ricorso presentatole, ha affermato che qualora l’omosessualità sia considerata un reato dall’ordinamento giuridico del Paese di provenienza tale da costituire una grave ingerenza nella vita privata dei cittadini omosessuali e comprometterne così la libertà personale, è legittima la concessione della protezione internazionale a favore del richiedente.

Cassazione Civile, 06.02.2018, n. 2875

Cassazione Civile, 06-02-2018, n. 2875