Con l’ordinanza n. 23326/18 depositata nei giorni scorsi, la Cassazione è tornata ad esprimersi in merito ai requisiti dell’azione revocatoria ordinaria, ribadendo che, nei casi in cui l’atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, presupposto per l’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria è la conoscenza da parte del debitore del pregiudizio delle ragioni creditorie, nonché, per gli atti a titolo oneroso, la medesima conoscenza anche da parte del terzo.
Nella fattispecie all’attenzione della Corte vi era la domanda presentata da un Istituto di credito di ammissione al passivo privilegiato di un fallimento di una persona fisica dichiarato in estensione a quello di una azienda agricola: nello specifico, il credito derivava da un contratto di mutuo stipulato dalla persona fisica e assistito da ipoteca. Il Giudice Delegato aveva ammesso il credito in via chirografaria, avendo la Curatela eccepito in sede di verifica crediti la revoca ordinaria ex art. 2901 c.c. della garanzia ipotecaria; in sede di opposizione allo stato passivo il Tribunale aveva respinto il gravame della banca, osservando che, in realtà, il mutuo ipotecario era stato utilizzato per munire di una garanzia reale un precedente debito chirografario della società per tramutarlo così in privilegiato e, pertanto, la costituzione dell’ipoteca doveva ritenersi revocabile sussistendo i requisiti di cui all’art. 2901 c.c., n. 2, prima parte, ossia, in caso di atti a titolo oneroso successivi al sorgere del credito:
– il danno: il pregiudizio che l’atto revocabile reca alle ragioni dei creditori (requisito oggettivo);
– la scientia damni del debitore e del terzo che partecipa all’operazione: la consapevolezza di pregiudicare le ragioni dei creditori con il compimento dell’atto astrattamente revocabile (requisito soggettivo).
L’istituto di Credito è pertanto ricorso in Cassazione, la quale ha accolto l’impugnazione, precisando ancora una volta che in tema di revocatoria degli atti a titolo oneroso posteriori al sorgere del credito, condizione imprescindibile per l’accoglimento della relativa azione è la conoscenza che il debitore abbia del pregiudizio delle ragioni creditorie che l’atto comporta e che analoga consapevolezza sorga in capo al terzo; in particolare, non è necessaria la precisa conoscenza da parte del terzo dello specifico credito, ma lo stesso deve essere consapevole che il proprio dante causa ha già contratto debiti con altri soggetti e che, quindi, l’atto astrattamente revocabile può pregiudicare le pretese di detti altri creditori.
La Suprema Corte ha, altresì, precisato che, a pensarla diversamente, la scientia damni del terzo si tradurrebbe nella semplice consapevolezza che quell’atto rechi pregiudizio al suo dante causa, laddove, al contrario, la ratio dell’istituto è quella di tutelare i creditori da atti che possano compromettere la garanzia patrimoniale del debitore.
Nel caso esaminato, il Tribunale non aveva verificato se la persona fisica fallita (cioè il dante causa) avesse o meno ulteriori debiti verso altri soggetti e se l’Istituto di credito (cioè il terzo) ne fosse stato a conoscenza, non potendo dunque dirsi provato il requisito soggettivo necessario per l’accoglimento dell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c., n. 2, prima parte.
Cassazione Civile, 27.09.2018, n. 23326
Cassazione Civile, 27-09-2018, n. 23326