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Separazione: addebito al coniuge che abbandona la casa coniugale

Il volontario abbandono del domicilio coniugale è causa di per sé sufficiente di addebito della separazione, in quanto porta all’impossibilità della convivenza, salvo che si provi che esso è stato determinato dal comportamento dell’altro coniuge.

La Corte di Cassazione ha recentemente ribadito detto principio in tema di addebito della separazione in una vicenda in cui la Corte d’appello di Roma aveva confermato la decisione di primo grado del Tribunale di Viterbo, che aveva pronunciato la separazione giudiziale di due coniugi con addebito al marito che si era totalmente disinteressato della grave patologia della figlia (autismo) e aveva abbandonato il tetto coniugale a causa di un diverbio insorto con il suocero in merito alle scelte terapeutiche riguardanti la minore, avendo il padre proposto il ricovero della bambina presso una struttura esterna per disabili.

L’uomo ha proposto ricorso per cassazione, contestando la pronuncia di addebito da parte del Tribunale.

La Suprema Corte, rilevando il comportamento reiterato del marito di totale disinteresse verso l’autismo della figlia in costanza di convivenza familiare e di rifiuto nell’affiancare la moglie nel complicato percorso di vita e crescita della bambina, ha richiamato il principio di diritto secondo il quale “il volontario abbandono del domicilio coniugale è causa di per sé sufficiente di addebito della separazione salvo che si provi che esso è stato determinato dal comportamento dell’altro coniuge, ovvero quando il suddetto abbandono sia intervenuto nel momento in cui l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza si sia già verificata, ed in conseguenza di tale fatto” (Cass. Civ. 10719/2013).

Per tali ragioni, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del padre e confermato l’addebito della separazione a suo carico.

Corte di Cassazione, 30.11.2020, n. 27235

Cassazione Civile, 30.11.2020, n. 27235