Ai fini della prova dei requisiti di non fallibilità, i bilanci degli ultimi tre esercizi sono quelli già approvati e depositati nel registro delle imprese.
In difetto, il Giudice può – motivatamente – non tenere conto dei bilanci prodotti.
Il tardivo deposito del bilancio presso l’ufficio del registro delle imprese non rende di per sé inattendibile il bilancio: è necessario che il Giudice motivi in concreto le ragioni dell’inattendibilità, rimanendo a carico dell’imprenditore l’onere di dimostrare aliunde la mancanza dei requisiti di fallibilità.
Il bilancio di esercizio delle società di capitali ai sensi dell’art. 2435, 1° co., cod. civ. (richiamato per la società a responsabilità limitata dall’art. 2478-bis, 2° co.), entro trenta giorni dall’approvazione, deve essere depositato (corredato dalle relazioni previste dagli art. 2428 e 2429 e dal verbale di approvazione dell’assemblea o del consiglio di sorveglianza) a cura degli amministratori, presso l’ufficio del registro delle imprese o spedita al medesimo ufficio, a mezzo di lettera raccomandata (art. 7 bis, D.Lgs. n. 357 del 1994, convertito, con modificazioni, con L. n. 489 del 1994), o attraverso adempimenti telematici.
L’adempimento assolve ad una funzione meramente informativa, o «conoscitiva», proprio della pubblicità-notizia che, tuttavia, riveste una certa importanza per tutti coloro che vengono a contatto con la società: infatti, l’obbligo di deposito del bilancio risponde all’interesse di ogni utilizzatore del bilancio stesso a conoscere la situazione patrimoniale, finanziaria ed economica della società (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6018 del 1988)».
In sede di istruttoria prefallimentare «i bilanci degli ultimi tre esercizi che l’imprenditore è tenuto a depositare, ai sensi dell’art. 15, quarto comma, LF, sono quelli approvati e depositati nel registro delle imprese, ai sensi dell’art. 2435 cod. civ.».
Ne consegue che il Giudice può non tenere conto – motivando – dei documenti non depositati o depositati tardivamente: «le ragioni di tutela, anche ai fini concorsuali, di coloro che siano venuti in contatto con l’impresa (potendo aver fatto affidamento sulla fallibilità o meno dell’imprenditore in base ai dati di bilancio), fanno sì che l’esame di siffatti documenti contabili, non depositati o non tempestivamente depositati, possa dar luogo a dubbi circa la loro attendibilità, anche in conseguenza delle tempistiche osservate (o non osservate) nell’esecuzione di tali adempimenti formali, sicché – in tali casi – il giudice potrà non tenere conto dei bilanci prodotti, di conseguenza rimanendo l’imprenditore diversamente onerato della prova circa la sussistenza dei requisiti della non fallibilità».
Richiamandosi a una recente decisione, il Collegio ricorda che «questa Corte ha già avuto modo di avvertire che, «ai fini della prova, da parte dell’imprenditore, della sussistenza dei requisiti di non fallibilità di cui all’art. 1, comma 2, I.fall., i bilanci degli ultimi tre esercizi costituiscono la base documentale imprescindibile, ma non anche una prova legale, sicché, ove ritenuti motivatamente inattendibili dal giudice, l’imprenditore rimane onerato della prova circa la ricorrenza dei requisiti della non fallibilità.» (Sez. 1, Sentenza n. 24548 del 2016)».
«in tema di fallimento, ai fini della prova della sussistenza dei requisiti di non fallibilità di cui all’art. 1, comma secondo, I.fall., i bilanci degli ultimi tre esercizi che l’imprenditore è tenuto a depositare, ai sensi dell’art. 15, quarto comma, I.fall., sono quelli già approvati e depositati nel registro delle imprese, ai sensi dell’art. 2435 c.c.; sicché, ove difettino tali requisiti, o essi non siano ritualmente osservati, il giudice può motivatamente non tenere conto dei bilanci prodotti, rimanendo l’imprenditore onerato della prova circa la sussistenza dei requisiti della non fallibilità».
Cassazione Civile, ordinanza n. 13746/2017.